G-8X9FB2YCC0

Trend

Teorema di Chiara Ferragni: emblema dei social, nessuna pietà

Se il mondo social non ha avuto umana pietas nemmeno per la sua paladina, cosa ci fa pensare che sarà più buono con noi?

Pubblicato

su

Sono sempre stata convinta che chi è più fortunato ha la responsabilità morale di fare del bene. Questi sono i valori che hanno sempre spinto me e la mia famiglia. Questo è quello che insegniamo ai nostri figli. Gli insegniamo anche che si può sbagliare e che quando capita bisogna ammettere, e se possibile, rimediare all’errore fatto e farne tesoro“. (Chiara Ferragni, Instagram 18 dicembre 2023)

Cè sempre qualcosa da imparare, soprattutto dagli errori.

Da questo vaso di Pandoro se ne potevano ricavare effettivamente tante di lezioni, a patto che da questa storia si volesse necessariamente imparare qualcosa. Appare oggi però quasi disturbante questo diffuso senso di arrendevolezza al primo insegnamento facile e immediato, prêt-à-porter. Non penso affatto che la lectio ricavabile da questa vicenda possa essere davvero e solo quella su come definire in maniera chiara i confini di un’operazione commerciale quando unita ad un’azione benefica. Non credo affatto che ci fosse realmente bisogno di una Chiara Ferragni per imparare a non usare la parola beneficienza laddove questa non c’è. Penso, al contrario, che fosse anzi risaputo e che chiunque abbia sfruttato la beneficienza per il proprio tornaconto in passato, così come chiunque lo continuerà a fare domani, sappia già perfettamente di commettere un’azione sbagliata.

Non credo nemmeno che la lectio di Chiara, questa volta, fosse insegnare ai suoi follower come comportarsi in caso di shitstorm o come gestire a livello di marketing la crisi di un brand. Credo comunque che qualcosa da insegnare ai suoi figli, come dice, ci sia davvero come credo anche che stia rischiando di perdere, ancora una volta, questa grande occasione. Lasciando il compito a chi di dovere di comminare sanzioni o infliggere eventuali pene, tralasciando gli aspetti più tout court su buone e cattive azioni, sotto lo zucchero a velo, c’è stato un the day after senza precedenti.

E se il mondo social non ha avuto un briciolo di umana pietas nemmeno per la sua paladina, cosa ci fa pensare che sarà più buono con noi?

Se il mondo fosse ancora di carta, la storia di Chiara sarebbe candidata a fare scuola. Oggi però, in un mondo di like, la sua storia è stata utile solo a fare engagement fin quando un algoritmo senza identità ha deciso che fosse abbastanza. Questo è quello che accade in un mondo senza Dio direbbe forse Stewart-Williams, questo è ciò che accade in un mondo social dove tutti hanno licenza di uccidere ma anche dove tutti possono ucciderti, chiamandola pure Libertà.

Libertà di espressione, libertà di mostrarsi, libertà di essere social.

Palle. Il mondo social non penso affatto ci voglia liberi, e non credo sia nemmeno un mondo buono e giusto come cerca di apparire facendo del suo non sanguinare un fregio. Il mondo social non ha avuto pietà alcuna ed anzi ha aumentato la copertura quando si è accorto che nel mirino c’era proprio la Ferragni, sua paladina ed emblema. Un massacro, la violenza della macchina che si ribella all’uomo che l’ha creata. Agli atti, è bastato vivere un giorno con il mondo social contro per imprigionare la più libera di tutte. E proprio come non c’è stato sangue non sono servite manette ai polsi eppure, per giorni e giorni, quanto è stato difficile postare…

Quello che potrebbe insegnare Chiara Ferragni a sua figlia (o quello che vorrei che Chiara Ferragni scrivesse alla sé bambina) è di non scendere mai, mai a patti con un mondo così violento, di non barattare mai l’essere umano per l’essere social. Potrebbe insegnare alle sue più giovani follower a riappropriarsi del tempo della vita, quel tempo che i social le hanno strappato lasciandole credere che ne fosse in pieno possesso. Anziché farsi scudo dietro al corpo di sua figlia oggi, avrebbe molto più senso una Ferragni meno addicted e più consapevole invece di quanto sia importante il diritto alla non-sovraesposizione, dei minori e non solo, così come il diritto all’oblio social, il diritto al silenzio. Un silenzio che non dovrebbe diventare una notizia. Dopo aver vissuto un’esperienza da Black Mirror, se mai ci fossero nuove puntate di The Ferragnez, sarebbe forte se Chiara prendesse in considerazione l’idea di affrontare per lei e per tutti la paura di essere dimenticata per non essere più schiava di un mondo che le ha dato prova di poterla idolatrare e distruggere in un giro di click, senza mai offrirle un riparo, una via d’uscita. Una paura che nonostante tutto, ancora oggi, la spinge a voler recuperare un posizionamento, alla ricerca del consenso perduto.

Scriveva Peter Cameron: un giorno questo dolore ti sarà utile, e proprio sulle macerie di questo impero social crollato avrebbe senso costruire una fortezza nella vita reale per difendere le Vittoria di domani. É di tutti, ancor più dei minori, il diritto di non essere social, il diritto di essere ignorati, di essere dimenticati, invisibili, disconnessi e sarebbe una bella lezione insegnare a sentirsi belli e vivi non solo quando si è loggati. Unposted sarà stato anche carino, ma sarebbe stato sicuramente meglio il libro.

Sono felice di vivere in un tempo in cui con un clic posso difendermi facilmente dai racconti su di me in cui non mi riconosco, o da certi attacchi. Mi fa sentire libera e anche se sento la responsabilità di misurare le parole, poi trovo il modo di dire quel che voglio (Chiara Ferragni a Michela Murgia per Vogue, 5 ottobre 2021). Ed è un vero peccato che non ci sia più Michela Murgia per farle oggi quella stessa domanda.

Exit mobile version