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Starbucks per anni ha sbagliato i nostri nomi sulle tazze di proposito
Non solo non ce ne siamo accorti, ma ci siamo proprio cascati
Starbucks e il marketing dell’errore
Per anni Starbucks ha volutamente storpiato i nostri nomi, e noi ci siamo cascati. Non è affatto detto che una strategia di marketing debba per forza essere giusta: talvolta infatti, come è successo a Starbucks, si può decidere di puntare proprio sull’errore. Quante volte circa 10, 15 anni fa, guardando film o telefilm americani abbiamo desiderato anche noi una tazzona di caffè americano di Starbucks, con il nostro nome scritto sopra. Perché di quello si parlava: un semplice gesto, il nome scritto su un bicchiere di cartone però capace di renderlo unico ed esclusivo. Non tutti sanno però che proprio i nomi, spesso, sono stati sbagliati di proposito.
I bicchieri monouso di Starbucks e un’infinità di nomi sbagliati
Prima che Starbucks aprisse in Italia (ed è fatto molto recente) bisogna recarsi in America o in altre capitali europee per un bicchiere di caffè made in Starbucks. Tazza bianca in cartone monouso, coperchietto e il logo in bella vista, quasi più un cimelio da collezionare o conservare sulla mensola della cameretta. Recandosi all’estero però il più delle volte, o almeno al principio, non si poteva fare troppa attenzione a quei nomi scritti male sul proprio bicchiere. Quei “Federica” che diventavano improvvisamente “Frederika”, o quei “Roberto” trasformati in “Romerto”. Avrà sbagliato lui? Avrà sentito male per colpa del brusio e delle tazzine che sbattono in sottofondo? Avrò sbagliato io a dirlo? Niente di tutto questo.
La strategia di Starbucks e dei nomi sbagliati: stupire il cliente
A raccontarlo anni dopo è stato un impiegato stesso di Starbucks a colloquio con una giornalista di Cosmopolitan. Gli errori sulle tazze di Starbucks raramente sono stati frutto di un errore, del caso. Quasi sempre infatti, per politica dell’azienda, i nomi sulle tazze sono stati scritti volontariamente sbagliati “per vedere la reazione della gente“. Una reazione ovviamente stupita, divertita e che in qualche modo invoglia a tornare per vedere in che modo verrà stravolto il nome questa volta. Non un errore dunque, bensì marketing dell’errore. Una strategia mirata a sorprendere il cliente che molto probabilmente avrebbe anche fotografato il suo nome sbagliato sulla tazza per mostrarlo agli altri e ridere insieme, allargando così a dismisura il pubblico dell’azienda.
Com’è che si dice? Errare è umano, perseverare è marketing?