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MUSICA

Sergej Rachmaninov e il suo Secondo Concerto per pianoforte e orchestra: un “romantico” fuori tempo massimo

Il Concerto in do minore opera 18 n.2, il più saccheggiato capolavoro di Sergej Rachmaninov

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Sergej Rachmaninov

Sergej Rachmaninov: la gentilezza di un “nuovo Chopin”

Che nei primi decenni del Novecento vi fosse un ritorno al Romanticismo di un secolo prima, almeno nel contesto musicale, può essere ben attestato dalla presenza di un personaggio visto da alcuni come un “nuovo Chopin”, proprio per la stessa poesia e delicatezza nello scrivere e nel “porgere” le note sprigionate dal suo pianoforte: Sergej Rachmaninov (o Rachmaninoff, come viene trascritto per maggior comodità dagli ascoltatori di lingua inglese). 

Concerto in do minore opera 18 numero 2, il più “saccheggiato” dal mondo della musica leggera

Nato il 2 aprile del 1873 nella regione russa del Novgorod, concertista e compositore allo stesso tempo, fu uno tra i tanti musicisti che, alla caduta dell’Impero Zarista a seguito della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, decisero di riparare altrove: Rachmaninov scelse gli Stati Uniti, ove vi era sicuramente un maggiore spirito organizzativo nella diffusione della musica, anche grazie alla diffusione della registrazione sonora e del relativo, principale supporto che già allora era il disco fonografico. Fu proprio nell’America del Nord che il talento a 360° del valente artista russo assurse alle vette che gli garantirono imperitura fama, esecutore sia dei massimi esponenti della letteratura pianistica del passato che delle pagine scritte di suo pugno, tanto per il solo strumento (una ricca serie di Preludi), sia per il dialogo tra lo stesso piano e l’orchestra sinfonica. Tra questi ultimi brani, ci soffermiamo sul Concerto in do minore opera 18 numero 2, che rimane il suo brano più famoso, più popolare ed anche, come vedremo più avanti, più saccheggiato dal mondo della musica leggera, con un paio di casi clamorosi da ricordare. 

Rachmaninov: la crisi del 1901 e il Secondo Concerto

Quando compose questa pagina, divisa secondo abitudine in tre tempi (Moderato; Adagio sostenuto; Allegro scherzando), Rachmaninov aveva 28 anni (era il 1901) ed abitava ancora nella sua Patria natìa. Era reduce da un duro momento personale: l’insuccesso della sua Prima Sinfonia, per la quale si aspettava ben altra accoglienza di pubblico, lo aveva reso apatico, depresso, tanto che dovette richiedere un breve periodo di cure psichiatriche anche facendo ricorso all’ipnosi. Superata questa difficoltà dopo poco tempo, il pianista e compositore si mise subito al lavoro e sfogò questo tormento proprio elaborando il Secondo Concerto

Il Secondo Concerto si apre con alcuni brevi accordi introduttivi del pianoforte, simili quasi ai rintocchi delle campane di una chiesa, un prologo di pochi secondi che si sviluppa con una cascata di note che sgorgano dai tasti dello strumento, un tappeto di sottofondo per i violini che subito si inseriscono, seguiti a poco a poco dagli altri timbri, archi e fiati, dell’intera orchestra. Dopo questa partenza assai suggestiva, ecco giungere il prezioso dialogo tra il solista e i “tutti” (come suol dirsi nel linguaggio musicale), in una dinamica travolgente di ritmi e di atmosfere. Il seguente Adagio sostenuto vede l’iniziale esposizione del tema principale (un Cantabile) da parte del clarinetto solista, ma subito il pianoforte fa proprie quelle note e arriva ad assumere “il comando delle operazioni”, nuovamente sostenuto da incisivi interventi orchestrali. E’ comunque nel conclusivo Allegro scherzando che pianoforte e la stessa orchestra si rincorrono, con la sezione dei fiati che si fa ancor più robusta rispetto agli altri due movimenti e un ulteriore, travolgente Cantabile che gli archi anticipano, lasciando nuovamente al pianoforte il compito di ricamarvi note su note, alternando i “pianissimi” ai “fortissimi” (le famose tre “p” e tre “f” che negli spartiti di ogni tipo indicano come bisogna eseguire questo o quel determinato passaggio caratterizzati da uno stile ben preciso). 

Colonna sonora di film, documentari Rai e trasformato nel successo All by myself

Oltre ad essere stato sfruttato come colonna sonora in un paio di film ormai vecchiotti, ma sempre apprezzati, come il dramma sentimentale Breve incontro diretto dall’inglese David Lean e il divertente Quando la moglie è in vacanza con Marylin Monroe per la regia di Billy Wilder, questo Concerto numero 2 ha conosciuto una certa diffusione anche attraverso la tv (le prime note hanno fatto per anni da sigla musicale alla serie di documentari della Rai La storia siamo noi) e la canzone: già poco dopo la morte di Rachmaninov, avvenuta a Beverly Hills nel marzo 1943, il drammatico tema del terzo movimento era stato trasformato in un motivo dal titolo Full moon and empty arms, che in seguito venne interpretato da tantissimi cantanti celebri di tutto il mondo, tra cui l’italiana Mina. Ancor più clamoroso il caso risalente al 1975, quando lo statunitense Eric Carmen trasformò il delicato Cantabile dell’Adagio nella strofa della sua canzone più famosa, All by myself, ripresa con successo una ventina d’anni dopo dalla canadese Celine Dion.

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