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Sanremo 2023, la profetica copertina di Chi: la solitudine dei numeri primi

Champions League, Paris Saint Germain, tariffe notturne: quello che penso del Festival di Sanremo 2023, che non potrà comunque fare peggio della copertina di Chi

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La copertina di Chi: il peccato di ubris di Amadeus, il Festival di Sanremo 2023

La copertina del settimanale Chi dedicata al Festival di Sanremo 2023 la definirei una triste epifania, un pericolo annunciato che prende sempre più forma, l’anticipazione o meglio ancora lo spoiler di tutti i pensieri che mi sono fatta sulla kermesse: un’accozzaglia brutta, la ristampa di un quadro famoso. Per dirla arrivando subito al nocciolo della questione, un peccato di ubris da parte di Amadeus, di quelli che rischiano di essere “imperdonabili”.

Quell’Amadeus al quale si deve l’onore e il merito di aver saputo ridare a Sanremo quel che di Sanremo era. Con Amadeus al timone della nave ritrovava ragion d’esser quel perduto jingle “perché Sanremo è Sanremo“, quel mantra che per anni è risuonato privo di senso, svuotato del tutto del suo significato. Con Amadeus invece, significato e significante si sono riappacificati, abbracciati, attesi fuori dalla cattedrale con tutta Italia munita di riso pronto per essere festosamente lanciato. I numeri mi smentiranno o mi saranno indifferenti, ma quel che noto guardando la copertina di Chi non è altro che tensione. Un’ansia che avverto guardando il sorriso di Amadeus, proteso nel raggiungere un obiettivo autodistruttivo, il dover necessariamente essere migliore di se stesso pena il perire di manu propria.

Il metaforico e invisibile trono di Chiara Ferragni

La copertina sul Festival di Sanremo 2023 del settimanale Chi

Grandi, grandissimi nomi, volti ormai sdoganati, votati chi al dio social, chi al dio Auditel, scaraventati al centro della scena ma del tutto allo stato brado, ognuno in nome e rappresentanza di se stesso. Osservo la Fagnani, colei che del graffio ha fatto la sua cifra stilistica, del tutto spogliata della sua personalità. Osservo la più tronfia Ferragni regalmente in posa, seduta sul suo trasparente trono. Una metafora che, se fosse stata volutamente ricercata dal settimanale, sarebbe stata degna di menzione in un capitolo finale di qualsiasi libro di semiotica o teoria della narrazione. Un trono che seppur trasparente gode di estrema visibilità, invisibile quanto è invisibile ed effimero il suo impero, estremamente vicino a tutti eppure così tragicamente lontano dalla realtà: il mondo dei social.

Paola Egonu, solo una sportiva

Per quanto mi sia sforzata, non riesco a coglierla la narrazione nella posa della Francini, quale racconto debba restituire il suo ritratto. Ma d’altronde, se proprio devo dirla tutta, ma proprio tutta, è la stessa domanda che mi pongo quando mi interrogo sulla sua presenza all’Ariston. Una prima donna che non ti aspetti, ma decisamente atea rispetto alle perpetue degli dèi che posano al suo fianco. Ma su Chiara Francini desisto, sarà la sua performance a fugare dubbi. Purtroppo poi, e mi dispiace infinitamente, c’è in quello studiato buco bianco la povera Paola Egonu.

Una povera Paola che a quanto pare non le è permesso di essere niente se non ciò che deve rappresentare, la povera Paola che non ha diritto ad un abito ma che per giustificare la sua presenza deve indossare per forza una canottiera sintetica. Mancava la freccina, la nota a margine: “Ehi lei è la quota sportiva, ma anche quota LGBTQ+ se serve“. Mi immagino la sportività con cui avrà guardato se stessa in copertina.

Festival di Sanremo 2023: sulla copertina di Chi una formazione di fuori classe per la Champions

Poi ovvio, l’AmaDeus ex machina al centro, quell’Amadeus che tanto si era “sbattuto” e che ora si gode lo spettacolo, adagiato sugli allori. Non so ancora esprimermi sul gioco portato in scena, se siano state scelte “facili” o scelte “presuntuose”. D’altronde però, se oggi il Festival di Sanremo gode di tutta questa potenza attrattiva, di questo ineludibile fascino, il merito è suo. Gianni Morandi lo salvo: nazional popolare è e non può non essere, capace di piacere a chi non piace niente e di non piacere a chi piace tutto.

Concludo: a tutti gli effetti, proprio questo sfondo bianco (che mi auguro sia stata una scelta e non un Control+Z selvaggio) mette in risalto il vero quid di questo Sanremo, la potenza che questo Festival ha sulla carta. Una formazione di fuoriclasse che non so con quanto cuore giocheranno né se effettivamente giocheranno per la squadra. Mi sovvien molto più l’idea di un Festival che abbia fatto i “soldoni” grazie all’emirato Amadeus che schifa ormai lo scudetto perché sa che a mancare nella teca è la Champions.

Un tifo solo disgregato in virtù di tante forti tifoserie

Per continuare sulle note della metafora calcistica, guardo al Festival di Sanremo 2023 con lo stesso spirito con cui si guarda al Paris Saint Germain. Tanti numeri primi, tanti fuoriclasse, tanti Pelé e Maradona, inarrivabili e inaccessibili, tutti chiamati a giocare sullo stesso palco. Quel che temo è che, in ragione di questo, verrà meno la forza del Festival di Amadeus, quel caloroso tifo ora del tutto disarmonico, fatto di tante piccole tifoserie sparse. Parlo dei follower di Chiara, degli spettatori di Belve, degli irriducibili dello sport, degli ultras di Drag Race. Non più un tifo per il Festival ma tanti tifosi che sosteranno il singolo, un idolo che sul palco dell’Ariston giocherà per se stesso e non per la maglia.

Temo che sarà un grande Festival di Sanremo e ammetto l’eventualità di numeri pazzeschi, proprio come i 50 milioni già raccolti sulla carta da Rai Pubblicità. Temo un Sanremo a tariffa notturna con numeri in partenza già più alti ancor prima di iniziare la corsa. Ho sinceramente paura, guardando la copertina di Chi, che ricorderemo questo Sanremo 23 per aver saputo disunire in fandom il pubblico social, trascurando un po’ chi di fandom non vive. Insomma, sono pessimista ma non credo che Amadeus farà peggio di questa copertina, quello no.

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