TV e SPETTACOLO
Raffaella Carrà: muore la diva ma non si fermerà mai il suo Rumore
“Muoiono i poeti ma non muore la poesia”
La grandezza di Raffaella Carrà sta nel gap, in quella piccola frazione di secondo: il debutto, lo sguardo, la risata, il modo, il talento, la trasgressione, l’unicità. A quanti è concesso oggigiorno godere di frazioni di secondo, minuti, ore, decenni di televisione ma quanti possono godere di quel gap. Delle tante cose che si possono dire e ricordare di Raffaella Carrà, a renderle giustizia su tutto è attribuirle il merito della sua rivoluzione, quella che oggi ci permette di raccontare ciò che la televisione era prima della Carrà e quello che la televisione è stato dopo la Carrà.
E proprio lì, in quella frazione di secondo, si annida ora per sempre l’immortalità del Mito. E non c’è nulla di più significativo di un mondo che varia dalla musica al teatro, dal cinema alla moda, dalla chiacchiera da bar al discorrere diplomatico e che, di fronte alla morte dell’icona, si ferma. Un tempo sospeso che nessuno pensava davvero che sarebbe mai potuto arrivare.
Raffaella Carrà: il mito è ora anche immortale
Nessun ricordo, nessun amarcord, nessun video, nessun articolo di giornale ci ridarà quello che Raffaella è stata se non Raffaella stessa con la sua rivoluzione gentile, con la sua forza distruttrice, demolitrice del più radicato moralismo, bigottismo, scetticismo. Non c’è nemmeno generazione che tenga perché la morte della Carrà colpisce tutti indistintamente, anche le generazioni di adolescenti che faticheranno solo un po’ di più ma che non per questo indietreggeranno dal comprendere come mai in questo momento nonni, zie e genitori ne stiano piangendo la scomparsa. Questo è stata Raffaella, televisione certamente ma anche un preciso modo di fare televisione: avanguardista, puro, spettacolare, innovativo, moderno.
Raffaella Carrà: l’icona che non smetterà mai di fare Rumore
Giusto è che la macchina dello spettacolo oggi si fermi perché non ci saranno seconde Raffaella Carrà ma solamente nuove icone che alla Carrà avranno guardato. Maestra nella conduzione, esemplare come ballerina, inconfondibile come voce: versatile e poliedrica ma soprattutto umile di quell’umiltà che sino all’ultimo l’ha sospinta a silenziare il suo dolore tacendo della malattia per non recare danno a coloro che l’hanno amata. Un rispetto d’altri tempi, di donna che fin quando ha avuto modo e parola per farlo ha picconato i muri in solitaria, venalmente controcorrente, affinché di quel rispetto potessero godere tutti. Non ci saranno nuove Raffaella: in questo sta l’eredità dell’amabile caschetto biondo, l’unico caschetto biondo che la televisione abbia avuto l’onore e il privilegio di avere. Come scrisse Palazzeschi, muoiono i poeti ma non muore la poesia: addio Raffaella, non smetterai mai di fare Rumore.