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Pulcinella: un’idea di profondissima pace e di eterna libertà

Lo spirito di Pulcinella, che è l’anima immortale di un popolo, rimane sulla terra e in ogni posto dove gli uomini vogliono essere liberi

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È un martedì grasso molto particolare quello di oggi. Dopo due anni di “mascherinamento”, tutti in questo periodo carnascialesco avremmo voluto mascherarci di noi stessi, gioire allegramente guardando di nuovo le facce sorridenti dei nostri amici, delle persone comuni, di tutti coloro che ci circondano. Un Carnevale che avrebbe fatto quindi volentieri a meno di mascherarsi, perché la voglia di essere, stranamente, sarebbe stata più forte di quella dell’apparire. Invece una maschera ben più nera, triste e paurosa è piombata sul volto di tutti, quella della guerra. Pensando ad essa e addolorandomi non poco, il mio intento di raccontare di una “maschera” si era affievolito, fin quasi azzerato. Credevo fuor di luogo descrivere un qualcosa di apparentemente molto allegro, giocoso. Riflettevo su cosa di più importante poter scrivere, data la gravissima situazione politica e militare in cui versa l’Europa e il mondo intero.

Poi mi son detto: quale argomento migliore per esorcizzare la guerra potrebbe esserci se non l’immortalità di un’idea, sempre libera e viva perché nata con l’uomo e sopravvissuta alla morte?

Pulcinella, un’anima libera in cerca di definizione

Pulcinella è l’anima di un popolo e come tale è sempre esistito, come se la sua origine si identificasse con quella dell’umanità. Egli ha sentimenti popolari di una collettività di singoli, e conosce a fondo ciò che diverte il popolo, quello di cui ride, le cose che lo irritano. Pulcinella non si può definire, scriveva il Croce. Delle molte definizioni che si sono tentate di lui nessuna è parsa soddisfacente. Il motivo di questa “impossibilità” è che Pulcinella non designa un personaggio artistico, ma una collezione di personaggi, legati tra loro soltanto da un nome e da una mezza maschera nera, un camiciotto bianco e un berrettone a punta. Proprio per la sua indefinibilità, Pulcinella può esitare tra la neghittosa ottusità del lazzarone mal nutrito e maltrattato e la scaltrezza infida del servo avido e mordace. Una maschera universale che malgrado le sue continue e fortunose emigrazioni in tutto il mondo, prendendo in ogni paese un nome, un vestiario, un carattere, una consuetudine e un tipo diversi, non ha mai perso la sua anima libera.

La maschera ha calcato i diversi momenti della storia teatrale, tutte le forme della commedia, della farsa, della parodia, dell’opera buffa, dell’opera lirica, del dramma. Il carattere fondamentale di Pulcinella consiste nella sua capacità di duplicarsi, moltiplicarsi, di assumere infinite forme. È colpa dell’umano destino se Pulcinella si trova a dover essere, nello stesso tempo, indipendente e servile, ardito e vigliacco, cretino e intelligente. È la vita che lo fa funzionare stolto e astuto insieme come ogni buffone zimbello di un principe capriccioso. Il suo principe è il bisogno. Egli deve disperatamente soddisfarlo. Magari facendo ogni doppio gioco, esponendosi alle figure più magre, interamente prostituendo ogni personale dignità, pur di aggiustarsi con le situazioni e sbarcare il lunario. In tutte queste metamorfosi rimangono però dei tratti fondamentali, anche questi ossimorici: l’ingenuità, la sciocchezza e la balordaggine si mescolano alle battute argute e ai giochi di parole – cui si presta in modo particolare la duttilità della lingua napoletana – rivelando uno sguardo ironico e parodico che mette in risalto le insensatezze della vita e allo stesso modo la sua semplicità.

La doppia vita tra balordaggine e coscienziosità che abbatte la morale

Per Pulcinella la natura è sensazione allo stato puro, non elaborata dall’intelletto e corretta dalla morale autoritaria. Contro la morale ipocrita Pulcinella costruisce le sue storie rocambolesche che si intrecciano con le storie della letteratura e della filosofia, che lo vedono agire assieme agli eroi dei miti greci, alle figure bibliche e ai personaggi della letteratura moderna, come Faust e don Giovanni. A tutti questi egli si rivolge con consigli ironici, allegre parodie, ma anche con indignazione, collera e persino ira, che esprime a bastonate. Spesso lo accompagna l’asino, animale saggio e paziente, nella consapevolezza che il filosofo può essere asino, ma l’asino è sempre filosofo.

L’Illuminismo coglie di lui la civiltà dell’ironia, l’autonomia di pensiero, la satira politica.

Una maschera bellica per nobili guerre

Con lungo anticipo sugli illuministi aveva intrapreso memorabili battaglie: contro l’ottusità della scuola, contro l’inferiorità della donna, contro la pena di morte, contro la guerra, contro la schiavitù, per l’emancipazione dell’attore. Il Pulcinella di Croce, cioè il personaggio del teatro, non esiste più, è decaduto già a metà Ottocento, quando le classi colte hanno compreso che «ridere, dimenticando che gli oggetti del riso sono esseri umani (poveri, ignoranti, corrotti, ma esseri umani), sembra cosa poco degna della odierna civiltà». Il filosofo rivela così di aver dimenticato la definizione aristotelica della maschera comica come «qualche cosa di brutto e come di stravolto, ma senza dolore», ma ci lascia un’osservazione su cui riflettere: Pulcinella è l’attore che interpreta Pulcinella. Ma quando l’attore diventa davvero Pulcinella? Il gesto dell’attore moderno – come nel caso di Eduardo De Filippo – di togliersi la maschera alla fine della recita non può essere di Pulcinella: «Pulcinella non può togliersi la maschera, perché non vi è alcun volto dietro di essa» scrive il filosofo Giorgio Agamben. Personalmente non mi sento di condividere pienamente questa tesi: dietro la maschera ci sono infiniti caratteri, ma la maschera stessa si rinnova nella personalità dei diversi attori che l’hanno interpretata. Questa maschera non è per essenza inespressiva e immobile, non assomiglia all’idea platonica, né alla volontà di Schopenhauer che preesiste e si incarna nel singolo individuo, suo strumento inconsapevole. Non è nemmeno l’idea di carattere – come scrive Agamben – con un apparente rovesciamento del rapporto che Aristotele istituisce nella Poetica tra azioni e carattere. Il suo carattere pulcinellesco non corrisponde all’astrazione filosofica, consiste invece nell’adesione alla vita e la sua vitalità deve essere sempre di nuovo reinventata, attraverso l’improvvisazione delle parole e dei gesti, nel corpo dell’attore. Alla sua maturità artistica fu un attore, non più una maschera: un attore che si solleva la maschera in segno di saluto e di cessata finzione, come per un’allegoria.

Pulcinella: il più radicale affronto alla psicologia dell’uomo

Pulcinella era maschera e non lo era, sfuggiva al carattere fisso perché essendo un attore, doveva esserne cento. La maschera di Pulcinella, salvo che per uso di retorica, costituisce il più radicale affronto alla psicologia dell’uomo, perché gli inibisce qualunque forma e possibilità di identificazione. Egli agisce mimeticamente sul reale per operare la sua esorcizzazione e la sua catarsi. Pulcinella non solamente non ha una vita storica, ma la sua è una funzione assidua di destoricizzazione; non tollera le categorie estetiche del realismo, del naturalismo, della verosimiglianza e della narratività: è elementare e trasparente, la sua verità è lui stesso, e la esibisce comunque e sempre, non può recitarsi, può solo essere, mostrarsi, ostentarsi. L’identità di Pulcinella è proprio nella sua non-identità. Perciò egli è inafferabile, irriducibile, irriconoscibile, immortale.

In fin dei conti Pulcinella è patrimonio di tutti, la sua patria è il mondo, anzi il cosmo, e ancora oltre. Napoli con il suo ethnos fondato sulla scienza del probabile, sulla coscienza del destino e sull’ironia, gli apprestò gli strumenti idonei per esprimersi. Da personificazione comica dell’abbandono popolaresco a tutti gli istinti, nel corso dei secoli si è issato in un simbolo universale della napoletanità e non solo, di cui incarna l’esuberanza, il virtuosismo mimico e canoro, lo spirito ironico, canagliesco e generoso, la filosofia pratica e disincantata. Il miracolo di Pulcinella è rimanere se stesso, uno e infinito, stendardo di libertà, non tradire mai la sua anima, in tutte le culture che immedesima, andando oltre il costume e la maschera, superando l’assenza dai teatri e dalle piazze, assumendo l’importanza trascendentale di una idea. E un’idea non potrà mai morire.

Eterno e immortale Pulcinella

Qualcuno si è chiesto se Pulcinella sia morto davvero – almeno qualche volta… -, essendo stato “ammazzato” ben due volte, da Goldoni nel Settecento e da Scarpetta alla fine dell’Ottocento. No. Pulcinella non muore mai. Chi per morire ha bisogno di essere ammazzato due volte, vuol dire che si prende gioco della morte, vincendo la partita a scacchi! Pulcinella esiste ancora, ha i nostri stessi vestiti e si mimetizza tra la gente per mettere in opera i suoi piani. Possono morire mille attori, possono crollare palcoscenici, può affondare la commedia dell’arte, possono nascere altri Goldoni e Scarpetta, possono prendere fuoco marionette e burattini, si possono impiccare e fucilare tutti i fantocci col coppolone bianco, ma lo spirito di Pulcinella, che è l’anima immortale di un popolo, rimane sulla terra e in ogni posto dove gli uomini vogliono essere liberi, felici e sazi di pancia e di animo! Allo stesso modo nessuna guerra riuscirà mai a uccidere l’anima di un popolo e della sua libertà. Pulcinella è la maschera meno mascherata del mondo, è la più trasparente, forse la più adatta per questo periodo in cui si desiderava ritornare alla normalità, per emozionarsi ancora guardando l’animo di chi ci è di fronte.

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