Attualità
Nuove e inutili: 200 milioni di mascherine saranno bruciate
Milioni di euro finiti letteralmente in fumo
Ordinate nel 2020, non sono utilizzabili: tenerle in deposito costava 313mila euro al mese
Sono passati due anni da quando l’emergenza Covid gettò nel panico l’Italia intera. Un periodo di inattesa difficoltà che portò a galla le inefficienze del sistema sanitario, della burocrazia e della politica. Emergenza che unita ad un’organizzazione statale scarsamente predisposta all’imponderabile hanno causato una serie di sprechi memorabili.
Tonnellate di mascherine a utilità zero: così il Covid continua a costare caro
Tra gli sperperi della prima ora, non si possono non citare le forniture di mascherine non idonee. Per l’inutilizzabilità, tali dispositivi sono rimasti dal loro arrivo (datato 2020) sino ad oggi in depositi. Il numero è impressionante: 218 milioni e oltre. Il problema di queste mascherine risiede nella loro inadeguata capacità di filtrare l’aria. Non servono a nulla, semplicemente. Nonostante tale consapevolezza, il generale Figliuolo ha provato a disfarsene riducendo la perdita, ma nessuno (a ragione) le ha volute.
Andranno al macero. Pazienza si potrebbe dire, se non fosse che per i due anni in cui hanno occupato i magazzini di tutta Italia hanno richiesto una spesa pari a 313mila euro. Al mese. Soldi, tantissimi, sprecati. L’acquisto delle mascherine (qualcuno le ha prodotte e vendute allo Stato con enorme profitto) è avvenuto durante le gestione Arcuri, che nei giorni di difficoltà di reperimento delle mascherine riuscì a farne arrivare a milioni da “canali” con aziende per lo più cinesi.
200 milioni di mascherine in fumo per la modica cifra di 700mila euro
Servivano in fretta e ne servivano tante, perciò alla qualità non ha badato nessuno. Figliuolo, ereditato l’impegno, si è reso conto del lascito ed ha provato a mettere fine ai soldi che continuavano ad andare in fumo. Così ad andare in fumo ora saranno le mascherine. Sia chiaro, costerà. Si parla di un accordo con A2A per distruggerle in cambio di una cifra vicina ai 700mila euro.