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LIFESTYLE

L’ostrica dell’avvocato

L’editoriale di Roberto De Frede

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Un avvocato al mare, sdraiato su di un lettino all’ombra calda di un variopinto ombrellone, è pur sempre un avvocato. Magari ha qualche momento di distrazione, ma poi rientra in se stesso e si pone i suoi ossessionanti problemini giuridici. E siccome le penne a sfera su una spiaggia non mancano mai, grazie anche alle settimane enigmistiche, né mancano certamente i pezzetti di carta su cui prendere qualche appunto o un bel tablet di ultima generazione, ecco che il problemino giuridico salta fuori.

L’avvocato anche sul telo non perde il vizio

Chiaramente queste deconcentrazioni dall’habitat ombrellonifero non capitano a tutti gli avvocati, o a coloro che si fanno chiamare così solo perché, tempo addietro, ebbero in omaggio per “lungodegenza universitaria” un pezzo di pergamena. È “patologia” per pochi eletti. Il catalogo è vastissimo, e non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma abbandoniamo le questioni più noiose, quali possono essere quella sulla natura del diritto all’utilizzazione della spiaggia (che è un bene pubblico) da parte del proprietario privato dell’esoso stabilimento balneare, o quella sul punto di transizione dal lido del mare al mare vero e proprio (non ricordo – un politico sicuramente – chi ha parlato giorni fa in televisione a questo proposito, errando, di bagnasciuga invece che di battigia), o ancora quella sui limiti estremi del cosiddetto mare territoriale, al di là del quale vi è il mare liberum, quello spazio marino, che si estende di là dai limiti delle acque oggetto della sovranità degli stati costieri. C’è qualcosa di più simpatico, che forse potrà disinteressare meno il lettore.

“Mettiamo caso che…”, la spinosa faccenda dell’ostrica perlifera

Per esempio, la faccenda della perla, o meglio dell’ostrica perlifera che il fortunato bagnante, munito di pinne ed occhialini, riesca a trovare fra gli scogli. Attenzione: le ostriche perlate, quelle che hanno lo strato di guscio interno composto dall’affascinante madreperla, sono lontanissime parenti sia delle ostriche commestibili che delle plebee ma gustosissime cozze! Stando ai trattati di diritto civile, la cosa dovrebbe essere non del tutto infrequente, ma molti e molti anni di inutili ricerche dell’ostrica perlifera hanno contribuito non poco a farmi perdere la fiducia nei trattati di diritto civile. Comunque il problema è questo: dato che un bagnante trovi un’ostrica perlifera (beato lui!), a chi spetta la perla in essa contenuta? La risposta è semplice e non si espone a dubbi di sorta. La perla spetta a chi l’ha trovata. Infatti l’ostrica perlifera, non meno di quella non perlifera, è res nullius, cioè cosa di nessuno, di cui la proprietà si acquista, per diritto di occupazione, dal primo che la raccoglie. L’inventore, colui che trova la perla, ha dunque diritto di portarsela a casa. Tuttavia ecco una difficoltà. Si supponga che le onde del mare staccando l’ostrica dallo scoglio, l’abbiano scaraventata sulla spiaggia. Tutti sanno che la spiaggia è bene demaniale, tant’è vero che l’asportazione di sabbia dalla spiaggia (famosa quella rosa in Sardegna!) costituisce furto. Può, anche in questo caso, l’inventore della perla ritenersene proprietario? Possono rivendicare, contro di lui, la proprietà della perla, acquistata per fatto di accessione, il demanio dello stato, o magari il concessionario della spiaggia? Tranquilli.

Il diritto di occupazione dell’inventore sussiste anche in questa ipotesi, perché l’ostrica, a differenza della sabbia, non è un quid proprio e caratteristico delle spiagge, ma è un quid proprio e caratteristico del mare, che solo per caso eccezionale può trovarsi ad essere trascinato su una spiaggia. Avverto, peraltro, che questa soluzione non vale per tutte le ipotesi di ritrovamento di ostriche perlifere. A questo proposito, vi è il caso accaduto anni fa ad un signore che ordinò in una trattoria delle ostriche. Sgusciandone una, vi trovò una magnifica perla, ma dovette subire, dopo un regolare giudizio, che la perla fosse assegnata al proprietario dell’esercizio: ciò per il fatto che la sua ordinazione era da intendersi relativa alle sole ostriche commestibili, non certo a quelle perlifere.

E se la perla non è di mare?

Quanto si è detto sinora vale, comunque, per le perle nuove, cioè per quelle che non sono mai state in proprietà di alcuno. Se vi capita, passeggiando sulla spiaggia, di trovare una perla montata ad un orecchino, oppure munita del buco che indica la sua utilizzazione per una collana, siate pur certi che non vi spetta. Non si tratta di res nullius, di cosa di nessuno, ma di cosa smarrita. Dunque dovete porre in atto tutta la complessa e noiosa procedura prevista dal codice civile, affinché la cosa possa tornare nelle mani del proprietario, con possibilità di diventar vostra solo nel caso che il proprietario non si presenti a reclamarla.

Per la verità, potrebbe anche darsi che la perla vecchia trovata sulla spiaggia non sia cosa smarrita, ma res derelicta, cioè cosa abbandonata volontariamente dal proprietario. I trattati di diritto civile non hanno vergogne di sorta nell’ipotizzare che una cosa di valore possa essere gettata via dal proprietario, cosí, per inutilità, come se fosse un quotidiano del mese scorso, uno stecco di legno di un croccantino gelato o una gomma masticante appallottolata. In genere, gioielli e orologi vengono smarriti sulle spiagge dalle bagnanti, che ad un certo momento, ubriache di sole e desiderose di gettarsi in mare, se li tolgono e li depositano sotto l’ombrellone, senza pensare che potranno essere bersaglio di qualche pallonata del bambino vicino, provetto calciatore. È buona e allettante regola, dunque, quando si trova qualche gioiello sulla spiaggia, applicare il principio cherchez la femme, sperando che quegli orecchini di perle siano un regalo della nonna per la bella nipote, e non invece monili ancora pronti per il ciondolante lobo della simpatica e abbronzatissima ottuagenaria.

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