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Attualità

L’embargo: le origini storiche di una sanzione non meno aggressiva

L’embargo, la storia che si ripete: alle origini della sanzione non-militare dal Megaréon pséphisma a quelle inflitte all’Italia nel 1935 dopo l’aggressione dell’Etiopia

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Dal giorno di Pasqua anche i porti italiani sono chiusi alle navi russe, come disposto dall’Unione Europea. Il Parlamento Europeo esprime dispiacere e sdegno per le atrocità delle forze armate russe e chiede che i responsabili dei crimini di guerra siano chiamati a risponderne.

La soluzione “embargo” per fermare la Russia di Putin

In una risoluzione adottata il 7 aprile, i deputati esigevano ulteriori provvedimenti, tra cui un embargo totale e immediato sulle importazioni dalla Russia di petrolio, carbone, combustibile nucleare e gas. Le misure dovrebbero essere accompagnate da un’azione volta a continuare ad assicurare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’UE nel breve termine e da dettagliate tappe da seguire per eventualmente revocare le sanzioni “nel caso in cui – si legge su Altalex – la Russia adotti provvedimenti intesi a ripristinare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale e ritiri completamente le proprie truppe dal territorio ucraino“.

Già nel 2014 furono applicate sanzioni “chirurgiche” – così furono chiamate dai sociologi – contro la Russia, decretate dagli Stati Uniti e adottate sia pur con una certa renitenza dall’Unione Europea. Forse per una strategia dichiaratamente geopolitica. La talassocrazia statunitense perseguiva infatti lo scopo di estendere, attraverso un’Ucraina risucchiata nell’orbita occidentale, il raggio dell’influenza atlantica, rinsaldando così quella che Zbigniew Brzezinski – politico e politologo statunitense di origini polacche, consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter – definì “la testa di ponte democratica dell’America” nel continente eurasiatico.

Viaggio nell’etimo dell’embargo: dal divieto di navigazione al blocco commerciale

Etimologicamente la parola embargo è voce spagnola col significato di “impedimento, sequestro”, dal verbo embargar, a sua volta dal latino volgare imbarricare (sbarrare): era usata per indicare il divieto di proseguire la navigazione posto da uno stato belligerante alle navi mercantili straniere ancorate nei propri porti. La pratica internazionale lo annoverava tra le varie forme di autotutela (blocco pacifico, boicottaggio) con le quali gli stati provvedevano a proteggere i propri interessi o durante la guerra, o al momento della dichiarazione di essa, sia verso stati nemici, sia talvolta in confronto di stati neutrali, e in tal caso per impedire alle navi di questi ultimi di fornire eventualmente merci ai primi, o apportare notizie o comunque intralciare le operazioni della marina militare.

Oggi l’embargo commerciale è una grave sanzione economica attraverso cui uno Stato o un gruppo di Stati sospende i rapporti commerciali con altre nazioni, costituendo il blocco delle attività, che può essere parziale o totale.

L’embargo nella Carta delle Nazioni Unite

La Carta delle Nazioni Unite – firmata da 51 membri originari ed adottata per acclamazione a S. Francisco il 26 giugno 1945, entrata in vigore con il deposito del 29esimo strumento di ratifica il 24 ottobre 1945 e ratificata dall’Italia con legge 17 agosto 1957 n. 848 – prevede che il Consiglio di Sicurezza possa decidere l’adozione di misure di embargo contro uno Stato colpevole di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, di un atto di aggressione, o di grave violazione dei diritti umani, come è il caso attuale della Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina.

Le sanzioni intendono indurre un cambiamento di rotta nella condotta del soggetto cui sono dirette, al fine di promuovere gli obiettivi della politica mondiale, volta alla pace e alla sicurezza nazionale. In teoria sono elaborate in modo tale da ridurre al minimo le conseguenze negative per chi non è responsabile delle politiche o azioni che hanno portato all’adozione delle sanzioni, ma come in tutte le cose ci sono i pro e i contro. In particolare l’Unione Europea si adopera per ridurre al minimo gli effetti sulla popolazione civile locale e sulle attività economico-sociali. Tutte le misure restrittive adottate sono pienamente conformi agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, anche in materia di diritti umani e libertà fondamentali.

Purtroppo il rischio dell’effetto boomerang è altissimo.

Il concreto effetto boomerang

Le divergenze economico-politiche già oggi sono molto forti: dalla Germania arriva un chiaro messaggio rivolto al mondo da parte delle aziende e dei sindacati tedeschi. Una dura presa di posizione che rischia di mettere in difficoltà il cancelliere tedesco Scholz con gli altri capi di Stato europei. La Bda, associazione degli industriali tedeschi, e la Dgb, associazione dei sindacati tedeschi, hanno firmato una nota congiunta nella quale hanno espresso opposizione all’ipotesi di un embargo sul gas russo, paventando una deindustrializzazione della Germania. Del resto molto significativa a tal proposito è la definizione coniata da Sambit Panigrahi, un accademico indiano: “Le sanzioni sono come un fiammifero: possono bruciare rapidamente finendo nel nulla, ma possono anche scatenare incendi incontrollabili“.

La guerra del Peloponneso: il primo embargo della storia

L’origine storica, il primo embargo potremmo dire, risale al 432 avanti Cristo. Fin dall’epoca della guerra del Peloponneso, le sanzioni rientrano nella categoria di quelle armi economiche alle quali viene assegnato l’obiettivo di indurre uno Stato ad accettare la volontà di chi le applica. La guerra del Peloponneso non solo ci ricorda quanto sia sottile la nostra patina di civiltà quando una guerra, un’epidemia o una calamità naturale la portano via, ma ci mostra anche che le ragioni per cui gli Stati si fanno guerra sono rimaste pressappoco le stesse nel corso del tempo. Tucidide sostiene che “la vera ragione per cui gli spartani attaccarono Atene, nonostante i pretesti addotti, fu il timore della sua crescente potenza“. E gli ateniesi difesero le precedenti conquiste territoriali asserendo che “vi furono spinti per paura, onore e interesse“.

Il Megaréon pséphisma

Nella nostra era di sofisticate teorie economiche, tendiamo a cercare le cause delle guerre in questioni materiali — terra, risorse, popolazione — piuttosto che attribuirle a queste molle emotive vecchie di secoli. Il grande storico di quella guerra mondiale dell’antichità è un autore particolarmente apprezzato in certi ambienti politico-intellettuali atlantisti, che hanno cercato di farne il testimone del bipolarismo e del confronto fra due blocchi militari. La filologia classica ha criticato Tucidide sulla circostanza che, volendo attribuire a Sparta le cause della Seconda Guerra del Peloponneso, ha lasciato in ombra il blocco commerciale imposto a Megara dalla talassocrazia ateniese. Eppure la guerra ebbe inizio proprio col decreto contro i Megaresi del 432 a. C., il Megaréon pséphisma, voluto da Pericle. Una serie di sanzioni economiche che interdicevano ai Megaresi, alleati di Sparta, l’accesso ai porti, agli scali ed ai mercati della Lega di Delo, l’alleanza egemonizzata da Atene.

Per gli studiosi è evidente che le sanzioni contro Megara non erano semplicemente un mezzo con cui Atene intendeva estendere la propria influenza indebolendo i rivali. Helmut Berve, storico polacco, nei suoi studi affermò che con l’embargo, che coinvolgeva anche gli alleati di Megara, Atene “puntava il coltello alla gola dei Peloponnesi”. Infatti lo pséphisma era una sfida. Una provocazione che doveva procurare agli Ateniesi il casus belli necessario per giustificare la guerra contro Sparta e i suoi alleati. Tuttavia, come è noto, trent’anni più tardi il conflitto si risolse con la sconfitta di Atene e l’abbattimento del suo regime democratico.

L’era napoleonica: il blocco continentale della Francia contro la Gran Bretagna

Poco applicato nel corso dei secoli successivi, esso è ritornato in auge durante le guerre napoleoniche. Nel 1806 la Francia dichiarò il blocco continentale contro la Gran Bretagna, con il divieto di commerciare imposto a tutti gli stati continentali europei. Fu seguito, nel 1807, dall’Embargo Act, proclamato dal presidente Thomas Jefferson, con cui gli Stati Uniti rinunciavano agli scambi con la Francia e la Gran Bretagna per evitare di essere coinvolti nel conflitto europeo.

Le sanzioni contro l’Italia dopo l’aggressione all’Etiopia nel 1935

Di Foto luce – ediz. d’arte v.e. Boeri – v. f. Corridoni, 7 Roma – Collezione cartoline Albertomos, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12355235

Nell’ordinamento giuridico internazionale in vigore dopo la Grande Guerra, l’uso dell’embargo come mezzo coercitivo era respinto perché costituiva un’evidente violazione dell’altrui diritto, a meno che lo stato contro il quale viene adoperato si sia posto contro le norme del diritto internazionale. Entro tali limiti lo ammettevano le disposizioni degli articoli 16 e 17 del patto della Società delle Nazioni. Un caso riguarda proprio il nostro paese.

L’11 ottobre 1935 la Società delle Nazioni delibera le sanzioni contro l’Italia colpevole di avere aggredito l’Etiopia. Niente più armi, niente crediti, niente materie prime, non si importano più merci italiane. Sembrano provvedimenti duri ma non sarà così. La rete delle sanzioni è piena di falle: Germania e Stati Uniti non aderiscono e altri Paesi non le applicheranno con rigore. Sarà un embargo blando e distratto, ma intanto il 7 novembre le sanzioni sono ufficialmente decretate e il 18 dello stesso mese diventano operative.

La Gran Bretagna inviò la Home Fleet a pattugliare il Mediterraneo per far rispettare l’embargo. Evidentemente essa aveva ben imparato la lezione sintetizzata nel celebre assioma di Sir Walter Raleigh, navigatore, corsaro e poeta inglese favorito di Elisabetta I: “Chi domina il mare domina il commercio mondiale; e a chi domina il commercio mondiale appartengono tutti i tesori del mondo e il mondo stesso”. Intanto l’Italia diveniva “autarchica”, ma le inique sanzioni, definizione ufficiale coniata dal regime fascista, ebbero vita breve. Nel 1936 caddero: il 15 luglio sono abolite e Londra ritira l’Home Fleet dal Mediterraneo. “Sugli spalti del sanzionismo – tuona Mussolini – è stata innalzata la bandiera bianca“.

Il blocco commerciale: un “rimedio economico-pacifico”, anche più efficace di un’azione militare

Qualche anno dopo, Carl Schmitt, giurista tedesco, commentava: “Le potenze societarie non facevano la guerra, ma imponevano delle sanzioni. La famosa arte inglese dei ‘metodi indiretti’ celebrò un nuovo trionfo. La tipica distinzione fra operazioni militari e operazioni non militari, azioni belliche e azioni pacifiche, perse ogni significato, perché le operazioni non militari potevano essere ostili in un modo più efficace, immediato ed intenso“.

D’altronde era stato lo stesso fondatore della Società delle Nazioni, il presidente statunitense Thomas Woodrow Wilson, a teorizzare: “Una nazione boicottata finisce per cedere. Applicando questo rimedio economico-pacifico, silenzioso ma mortale, si evita di fare ricorso alla forza“. A quanto pare, le potenze talassocratiche privilegiavano le sanzioni come forma speciale di guerra e le utilizzavano nel quadro di una concezione della guerra e del nemico che è molto diversa da quella che sta alla base dello Jus Publicum Europaeum – concetto politico dello Schmitt, teorizzato nel 1950 nella sua opera Der nomos der erde im völkerrecht des jus publicum europaeum -, poiché ignora la distinzione tra combattenti e non combattenti.

Scrive Schmitt:

La guerra marittima non è una guerra di combattenti; essa si basa su una concezione totale del nemico, la quale considera nemici non solo tutti i cittadini dello Stato nemico, ma anche tutti coloro che commerciano col nemico e ne sostengono l’economia. In questo genere di guerra è permesso, senza contestazione possibile, che la proprietà privata nel nemico sia sottoposta al diritto di preda; il blocco, mezzo che appartiene specificamente al diritto marittimo riconosciuto dal diritto internazionale, colpirà senza eccezione l’insieme della popolazione delle regioni coinvolte. Grazie ad un altro mezzo parimenti riconosciuto dal diritto internazionale e parimenti appartenente al diritto marittimo, il diritto di saccheggio, anche la proprietà privata dei neutrali potrà essere presa”.

Carl Schmitt, giurista tedesco

Nel 1946 infatti gli Stati Uniti pretesero che la Confederazione Elvetica consegnasse i beni dei cittadini tedeschi depositati nelle banche svizzere, pretesa contraria all’ordine giuridico privato internazionale, ma conforme al diritto di preda specifico del diritto marittimo.

“Tutto ciò che consegue ad una guerra è latore di morte”, anche un pacifico embargo

Cercando di comprendere al meglio cosa sia l’embargo, la sua origine, alcuni precedenti storici, volando pindaricamente anche su dibattiti dottrinari e giuridici, una sola certezza emerge amaramente con forza. Tutto ciò che consegue ad una guerra è latore di morte, anche i suoi rapidi antidoti e palliativi per arrivare alla sua fine, come le stesse sanzioni. La vera tragedia è che contro una guerra non esiste medicina immediata indolore per farla cessare. Simone Weil, nelle sue riflessioni nel 1933 scriveva: “Da una parte, la guerra è soltanto il prolungamento di quell’altra guerra che si chiama concorrenza e che fa della produzione stessa una semplice forma di lotta per la supremazia; dall’altra, tutta la vita economica contemporanea è orientata verso una guerra futura“. 

La speranza è che la Russia sanzionata si ravveda immediatamente dal proseguire il conflitto armato e ripristini i rapporti di pace. Ricordando non invano le immortali parole di Dwight Eisenhower pronunciate durante la Seconda Guerra Mondiale: “Ogni colpo che viene esploso, ogni nave da guerra che viene inviata, ogni razzo che viene sparato, significa, in ultima analisi, un furto a coloro che soffrono la fame e non sono nutriti, coloro che hanno freddo e non sono vestiti. Il mondo in armi non sta spendendo soltanto dei soldi. Sta spendendo il sudore dei suoi lavoratori, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi bambini“.

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