MUSICA
Jim Morrison: genio e sregolatezza di un mito della musica rock
Il mito inquieto di Jim Morrison: una parabola da studente modello all’adulto tormentato dai suoi vizi
Era un mercoledì, come quest’anno, l’8 dicembre del 1943: gli Stati Uniti combattevano in Italia, in parte dell’Europa e in Giappone il secondo conflitto mondiale e l’addestramento della Marina Militare aveva luogo nella cittadina di Melbourne, in Florida. Proprio nell’ospedale di questa località, in quella giornata alle soglie dell’inverno, apriva gli occhi James Douglas Morrison, figlio di un ammiraglio e nipote di un avvocato. Era nato così un futuro mito della musica popolare moderna, con tutti gli annessi, i connessi e le implicazioni di natura sociale del caso: era nato il simbolo dei Doors.
Sballottato tra la costa dell’Atlantico e quella del Pacifico per ragioni dovute all’attività paterna, il piccolo James (detto già allora Jim) crebbe tra Washington e Los Angeles e proprio nella città californiana incominciò i propri studi, con un profitto inizialmente di medio livello.
Il giovane Jim Morrison: da studente modello a ribelle solo apparentemente “senza motivo”
Durante gli anni dell’adolescenza, iscritto ad un collegio della Virginia, Morrison scoprì la passione per la lettura. In men che non si dica, acquisì una preparazione umanistica non indifferente e se ne giovò anche il suo stesso profitto scolastico, tanto da acquisire riconoscimenti e premi speciali per essersi distinto tra i migliori allievi dei vari corsi ospitati dall’istituto. All’orizzonte, però, spuntava la “Beat Generation”, con i suoi poeti e narratori ribelli e trasgressivi: Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouac. Anche un certo modo di fare musica jazz, in quei secondi anni Cinquanta, cominciava a prendere spunto dalle tematiche esposte dai succitati autori letterari. Fatto sta che Morrison, ormai giovanotto liceale, si lasciò trascinare da queste novità davvero inaudite e malviste dal perbenismo degli adulti. Ne risentì anche il profitto scolastico, che calò vistosamente: anche i rapporti con l’istituto che egli frequentava presero una piega piuttosto brutta… e incominciarono gradualmente gli eccessi, a partire dall’alcool. La droga sarebbe arrivata più tardi, nel pieno di un’attività musicale che il ragazzo della Florida stava intraprendendo, non mancando mai di aggiornarsi sotto il profilo della preparazione culturale. E’ infatti notorio come fosse stata la conoscenza degli scritti del letterato inglese trapiantato in California Aldous Huxley (amico intimo del musicista russo Igor Stravinsky) a suggerire al giovane Jim il nome del complesso da lui fondato, The Doors: lo spunto era proprio l’idea di Huxley delle “porte del regno dell’ignoto”, con l’uomo visto non solo come spirito, ma anche come fonte di sensualità.
L’alba dei The Doors
Il 1967 fu l’anno di Light my fire, un trascinante brano in stile psichedelico che tutto il mondo apprezzò: molte ne furono le versioni, tra cui quella più calma e delicata interpretata dal cantante e chitarrista portoricano non vedente Josè Feliciano (in Italia uscirono due versioni in lingua non esaltanti: Prendi un fiammifero, eseguita dal poco noto gruppo milanese de Gli Innominati, e Dammi fuoco, cantata da Nicola Di Bari). Poi venne Hello, I love you (1968), canzone seguita da altri successi planetari… ma Jim Morrison continuava ad essere un uomo inquieto, tormentato, ottenebrato dai suoi vizi ormai conclamati che lo spingevano ad interpretare in maniera assai stravagante le tante cose che conosceva. Infine, il tragico addio al mondo in una notte parigina d’estate, il 3 luglio 1971.
Il Club 27: Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison
E’ inevitabile chiudere questo nostro breve ritratto citando quello che gli storici della musica pop-rock hanno classificato come Club 27, con esso indicando il comune, tragico destino di tre artisti 27enni che nel giro di nove mesi e mezzo scomparvero, vittime della droga: Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison. Erano 3 artisti umanamente molto diversi: Hendrix era un gentiluomo, un uomo di cuore, garbato e serio, che si scatenava solo quando si esibiva in pubblico con la chitarra in mano; Joplin era una ragazza complessata, la quale soffriva il fatto di non essere bella e sfogava il tutto con la musica (e relative ricerche); Morrison era invece un “pazzerellone” che però finiva sovente col trascendere, anche per effetto di ciò che assumeva. Si ricordano infatti intemperanze eccessive durante alcune esibizioni dal vivo assieme ai Doors, a volte caratterizzate da fermi di polizia e interruzioni dello spettacolo, vuoi per atteggiamenti irriguardosi nei confronti dei militi, vuoi per qualche “parolina” di troppo. Ciononostante, anche questi atteggiamenti fuori dalle righe contribuirono ad alimentare il mito di Jim Morrison, che pure figli e nipoti degli ascoltatori del tempo hanno adottato con simpatia e ammirazione.