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Moda

Jackie 1961, l’hobo bag di Gucci diventa icona del genderless

È la borsa simbolo di Gucci: origini e storia di uno degli intramontabili classici della moda

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Esistono capi, accessori, gioielli destinati a essere immortali, iconici, emblematici di un’epoca, di uno stile. A contribuire al loro essere senza tempo l’arte della rivisitazione, una delle imprese più difficili nonché una delle scommesse più azzardate che ciclicamente si assumono i direttori creativi delle più importanti maison di moda. L’ultimo a correre l’alea, nel centenario della maison Gucci, è stato il suo direttore creativo Alessandro Michele che non ha titubato a superare e superarsi riprendendo tra le proprie mani il progetto di quella che è possibile definire la hobo bag per antonomasia, la Jackie.

La storia e l’evoluzione della quintessenza della maison Gucci dalla sua creazione, nel 1950, al suo ultimo restyling in chiave Alessandro Michele passando per i guizzi artistici di Tom Ford e Frida Giannini. La rivoluzione che ha travolto il must per eccellenza della casa di moda fiorentina e che ora veicola il più puro concetto alla base del genderless, “l’esaltazione dell’espressione in sé in nome dell’uguaglianza di genere”. 

Jackie O, origini e storia dell’iconica borsa che porta il nome di Jaqueline Kennedy Onassis 

Con il nome di Jackie 1961, Alessandro Michele ha di recente lasciato sfilare sulla passerella il frutto dell’incontro tra la sua sensibilità artistica e una it bag entrata non solo nella memoria degli stilisti ma nella cultura di un’epoca, simbolo di un periodo storico, di una donna che le ha conferito personalità: la ex First Lady Jaqueline Kennedy Onassis, dalla quale ha ereditato il nome. La prima volta che è stata disegnata, per l’appunto negli anni ‘50, nessuno si immaginava che il suo incontro con una personalità come quella di Jaqueline Kennedy l’avrebbe resa immortale. La hobo bag nacque infatti con il nome iniziale di Fifties Constance e solamente negli anni ‘60, quando i paparazzi iniziarono a immortalarla a bordo degli yacht nelle sue plurime sfaccettature portata a spalla dall’ex First Lady al fianco dell’armatore greco Onassis, Gucci la ribattezzò dando vita al mito della Jackie O

Jackie, prima rivisitazione di Tom Ford a fine anni ’90

Trapezoidale, a mezzaluna, ideale per essere portata a mano o a spalla, dalla texture variabile e con quella chiusura a pistone diventata ora dorata, indossare una Jackie è sposare un momento storico, condividerne i valori e i principi d’eleganza. Intramontabile oggetto di desiderio di dive e comuni mortali sin dagli anni ‘60, come dicevamo, la Jackie è stata soggetta a restyling in più occasioni in quel di Gucci. La prima rivisitazione risale infatti al 1999 quando Tom Ford viene chiamato a salvare Gucci, ad un passo dalla bancarotta. Il direttore artistico riprende tra le mani, impavido, il progetto della Jackie O dando vita alla sua personale reinterpretazione che porta il sol nome di Jackie.

Da Frida Giannini ad Alessandro Michele: l’evoluzione della Jackie verso il gender fluid

Chiusasi poi l’era Ford, è tempo per Gucci di affidarsi nelle mani di Frida Giannini per una nuova Jackie, quella che tutti ricorderemo alla spalla di Kate Moss, la top-model chiamata a celebrare la nuova rivisitazione della hobo bag sugli echi de La Dolce Vita. Ora però, a distanza di poco meno di 10 anni, la storia della Jackie si interseca con quella di Alessandro Michele, fautore della sua metamorfosi in chiave genderless. Fluida, colorata, ereditiera di fascino in finish pitone, senza genere: è questa la Jackie 1961 di Alessandro Michele, acquistabile in 3 diverse misure e indossabile a tracolla. Omnia tempus habent: ogni cosa ha il suo tempo ed ogni oggetto veicola i valori del presente in cui abita e non è per questo un caso l’approdo nel genderless di una borsa come la Jackie, ora ancora più libera di custodire gli intimi pensieri di uomini e donne, da Achille Lauro ad Alessandra Mastronardi; da Harry Styles a Cate Blanchett

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