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MUSICA

Iva Zanicchi: l’aquila che ha conquistato il mondo con la sua Gargana

Intervista a Iva Zanicchi

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Dalla prima vittoria a Sanremo all’ultimo album: un viaggio nell’universo di Iva Zanicchi

Gargana non è solo il titolo dell’ultimo album di Iva Zanicchi. È una parola che riassume in 7 lettere il carattere di una donna che ha volato in alto come poche, mantenendo sempre la genuinità tipica della terra in cui è nata. Con la sua “vociaccia forte”, questo significa gargana, Iva da Ligonchio è decollata alla scoperta del mondo, con la gioia di seguire la propria curiosità. Questa intervista è un biglietto di prima classe per salire a bordo e affacciarsi sulla vita, comune e unica allo stesso tempo, di Iva Zanicchi.

L’intervista de LaWebstar a Iva Zanicchi

Iva, partiamo dal nuovo album: raccontaci Gargana.

È una raccolta il cui filo conduttore è l’amore. Ci sono 6 brani inediti e alcune cover. Vecchio frack è dedicata a Modugno, perché l’ho amato tanto ed è stato un cantautore di rottura che ha conquistato il mondo intero, non solo l’Italia. Di questa canzone ha scritto musica e testo, è grandiosa. Poi ho incluso Canzone, che ho cantato a Sanremo, dedicandola a Milva. Il titolo dell’album è questa parola dialettale, gargana, che vuol dire ‘vociaccia, voce forte’. Sin da piccola le amiche di mia mamma le dicevano “che gargana ha Iva”.

Hai un legame molto forte con la tua terra e le tue origini.

Un legame fortissimo, tant’è vero che la mia lingua non è l’italiano, ma il dialetto. Mi esprimo molto meglio, l’ho parlato sin da piccola. Al mio paese ho ancora casa, lì sono sepolti i miei genitori, ci vado tutti gli anni: in agosto dico “vado ai Caraibi”, invece vado a Ligonchio. Quando sono lì respiro a pieni polmoni, sto bene, è casa mia.

L’aquila di Ligonchio che ha volato sul mondo intero

Da Ligonchio sei arrivata ovunque, dal Madison Square Garden di New York al tour in Unione Sovietica nel 1981, prima donna italiana a farlo.

In questi giorni molto tristi a causa della guerra, ho ricordato gli spettacoli che ho fatto proprio a Kiev in un teatro bellissimo. Sai la mente ritorna lì… È una città molto bella, ci sono delle chiese ortodosse con le cupole dorate che al tramonto sono una meraviglia. Ne ho un ricordo molto bello e vedere le immagini di questi giorni è molto triste.

Non ti sei limitata solo a cantare, nella tua vita hai fatto anche molto altro. Cosa ti ha spinto a percorrere strade parallele alla musica?

Io sono fatta così, è la curiosità che mi spinge a muovermi e mi butto. Ma non vieni perdonato quando esci dal seminato, quando divaghi troppo. Ho fatto teatro e televisione perché mi divertiva. Ho condotto Ok, il prezzo è giusto! per 12 anni, nel frattempo cantavo, ho sempre fatto dischi, ma era talmente forte quel format che cancellava un po’ tutto il resto. Ho fatto anche degli errori (io non li ritengo tali, ma altri sì), come ad esempio i 6 anni in politica. Questo ad un artista lo sconsiglio, perché dopo non vieni più accettato, io ho fatto fatica a rientrare.

A proposito di politica, quanto è stato difficile lavorare in quel contesto?

È stato difficilissimo per me, proprio perché venivo da un mondo estraneo. Ritenevo ingenuamente che chiunque potesse fare politica, perché la politica è la gente. Invece no, bisogna essere politici di mestiere. Lavoravo in commissione sviluppo e la presidentessa non aveva voglia di viaggiare, così mandava in giro me. È stata un’esperienza forte, ho visitato tani paesi dell’Africa, i più poveri, ho visto cose davvero disumane.

In Italia non si è mai saputo cosa ho fatto, ma mi sono data da fare. È mia ad esempio l’idea (e se vuoi è assurdo che non ci abbiano pensato prima), di istituire un fondo per aiutare i Paesi colpiti da calamità naturali. È stata una proposta mia e da quel momento c’è questo gruzzolone che può essere speso per gli aiuti, come successo ad esempio con Haiti. È la prima volta che ne parlo. Io ho fatto politica con amore, con passione, però ho capito che un artista non può farlo, almeno nel nostro Paese, perché poi non riesci più a rientrare nel tuo mondo. Ho fatto una fatica tremenda, ci sono riuscita, ma è stata durissima.

Sanremo, andata e ritorno: la prima vittoria, la morte di Tenco e l’edizione 2022

Iva Zanicchi e Claudio Villa al Festival di Sanremo 1967

Appena un mese fa sei tornata sul palco per eccellenza, quello di Sanremo. Come è stato partecipare nuovamente al Festival?

La prima sera, quando mi hanno fatto la standing ovation, è stato veramente emozionante, bello, appagante. Mi hanno accolto benissimo e la cosa mi ha riempito di gioia. D’accordo, la classifica non mi ha premiato, ma ci può stare. Non è che se non arrivo all’uva dico che è acerba, le critiche ci stanno. Alcune sono stupide, ma io perdono. A parte questa piccola polemica, è stato bello, mi sono divertita. Adesso, perché non mi accontento di nulla, devo finire il mio ultimo libro per Rizzoli e poi ho deciso, proprio in questi giorni, che farò un tour in Italia: debutterò in un teatro bellissimo di Piacenza. Dopo tanti anni vado in giro.

Hai esordito al Festival nella 15esima edizione, questa era la 72esima. Come è cambiato Sanremo dal punto di vista di un cantante in gara?

C’è da dire una cosa: quando io ho iniziato a fare il Festival di Sanremo, gli autori italiani scrivevano solo per quell’evento. Oggi si dice che le canzoni di una volta erano più belle, ma non è proprio vero, proprio perché gli autori pensavano solo a Sanremo. Era una bomba presentare un brano lì, perché arrivavi in tutta Europa e nel mondo, veniva trasmesso anche in Sud America. Poi giustamente i tempi sono cambiati e negli anni hanno fatto sì che diventasse un grande contenitore televisivo con tanti ingredienti, tanti ospiti, con i comici. Credo che Amadeus abbia riportato l’attenzione sulla canzone. Quest’anno ad esempio ci sono stati tanti ospiti, ma ha vinto la gara.

Tu hai vinto il primo Festival nel 1967. È stata un’edizione molto particolare, con un cast stellare: Cher, Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Johnny Dorelli, Bobby Solo, Ornella Vanoni e tantissimi altri, tra cui ovviamente anche Luigi Tenco, che in quei giorni si tolse la vita. Che ricordo hai di quella edizione?

Mi ero presentata a Sanremo con il re della melodia, Claudio Villa. Il giorno tremendo della morte di Tenco, quando al mattino all’alba ho sentito che urlavano nel corridoio, mi sono affacciata e ho sentito ‘è morto Tenco, si è ucciso’. Mi sono cadute le braccia…

Sono rientrata in camera, ho pianto, come tutti, poi ho tirato giù le mie due valigie e le ho riempite. Mia mamma era a Ventimiglia, lo aveva saputo e mi ha detto ‘stai tranquilla ti veniamo a prendere e ti porto a casa, ti porto qui dai nostri amici’. Ero convinta che il Festival quantomeno si fermasse, sono scesa e ho incontrato uno della mia casa discografica. ‘Cosa fai a quest’ora, vai a letto’, mi ha detto. E io, “mi vengono a prendere vado a casa”. Mi ha risposto ‘come vai a casa? Hanno deciso proprio in questo momento che il Festival deve andare avanti’.

Eri pronta ad abbandonare tutto quindi?

Per me che venivo da un piccolo Paese, dove se c’è un matrimonio si festeggia tutti e se muore qualcuno il paese è tutto in lutto, non era concepibile dover cantare con un ragazzo giovane, poverino, sfortunatissimo che era lì appena morto. Quando ho vinto, dietro le quinte io piangevo, singhiozzavo, mi sembrava assurdo prendere la coppa quando Tenco ancora doveva essere sepolto.

Non l’ho mai raccontato, perché sai… all’epoca ero agli inizi, non avevo voce in capitolo. Tempo dopo, l’organizzatore Gianni Ravera mi disse: ‘i cantanti quelli famosi, quelli che avevano la voce per parlare, hanno deciso andiamo avanti’. Solo dopo io ho capito, ma subito no. È stato un anno tragico.

Mamma Iva: il rapporto con la figlia Michela, i nipoti e il compagno Fausto Pinna

Pochi mesi dopo sei diventata mamma, che rapporto hai con tua figlia Michela?

È la cosa più bella del mondo. Il nostro rapporto è sempre stato buono, adesso è di dipendenza. Da qualche mese è diventata la mia discografica e mi comanda a bacchetta! Io le dico “bambina, c’ho una certa età” e lei ‘no, finché sei in attività devi fare tutto’. È una ragazza straordinaria, le voglio un bene dell’anima. È molto diversa da me, somiglia più al padre. È introversa, educata, gentile, non dice una parolaccia neanche a cavargliela di bocca, io invece ogni tanto parto, sai com’è…

Una cosa che avete in comune?

L’amore totale che ha per i figli è quello che io ho avuto per lei. Per il resto è molto più brava di me, più seriosa, intelligente, colta, ma non lo fa pesare, queste cose le dico io. Quando deve scrivere una lettera un po’ romantica viene e mi dice ‘mamma me la scrivi tu?’. Viene a Canossa! È un rapporto molto bello.

Oltre a Gargana è uscito anche un disco in cui canti brani tutti scritti da Malgioglio. Che rapporto avete?

Con Cristiano ho sempre avuto un rapporto lavorativo. Agli inizi il mio discografico, che lo apprezzava molto, diceva: ‘è un ragazzo che si farà, bisogna aiutarlo, scrive bene’. Io ho fatto anche delle ciofeche, ho inciso 100 canzoni di Malgioglio e non ci siamo mai persi di vista. Ha un carattere molto particolare, non è facile andarci d’accordo. Gli voglio bene, lui è un po’, diciamo…evanescente. Però va bene, lo perdono.

Quali sono le parole più dolci che ti hanno detto nella vita?

Che sono bella. In vecchiaia tutti, da giovane nessuno.

E le parole più dure invece?

Me ne han dette tante, anche recentemente. Mi sono offesa durante Sanremo, quando qualcuno ha scritto che l’assolo della mia canzone meritava di essere presentato da Pippo Baudo. Voleva dire che era un po’ vecchiotto…che poi Pippo è un grande! Fa niente, dai. Se torniamo indietro nella mia vita, da bambina mi chiamavano Pinocchio perché avevo il naso leggermente lungo. Ne soffrivo tanto. Solo i miei fratelli me lo dicevano, gli altri no.

Una cosa che non ti sei mai perdonata nella vita?

Non la posso dire. Cerco sempre di non far male a nessuno. Se lo faccio, chiedo perdono e cerco di rimediare, però ci sono cose che magari è meglio non dire.

Fai una pagella di te stessa, che voto ti dai come cantante?

Mi promuovo alla grande, mi do 8.

Come attrice?

Tutti mi dicono che potevo essere una grandissima attrice, anche gente esperta: 8.

Che voto ti dai invece come conduttrice?

Nove.

Come mamma e nonna?

Come mamma non me lo posso dare io. Come nonna, otto.

Come compagna e come amica?

Come compagna 10. Sopporto, sopporto, sopporto. Come amica 7, perché le amicizie vanno coltivate e io sono distratta, mi perdo. E non bisogna farlo.

Una persona a cui vuoi dire grazie?

Devo partire dal mio maestro Leopoldo Bertani, che mi ha dato lezioni di musica e canto gratis. E alla mia sartina, bravissima, che è morta quest’anno. Il primo vestivo a Sanremo, quando cantavo La notte dell’addio, era bellissimo, me l’ha regalato lei. Poi l’ho ripagata perché ogni volta che vincevo a Sanremo i vestiti che indossavo erano i suoi. Li ringrazio entrambi per l’eternità.

A chi vuoi chiedere scusa?

Oggi ‘scusa’ potrei dirlo al mio compagno, l’ho trattato un po’ male, poverino. Quando lo tratto male va a fare la spesa. Abbiamo la casa piena di roba (ride, ndr).

A chi dici ‘ti amo’?

Beh, lo dico a mio marito. Lui me lo dice tutti i giorni, io a lui raramente. Al telefono invece chiamo tutti ‘amore’, è un intercalare. Lui si arrabbia, dice: ‘ma come, chiami amore una persona che manco sai chi è?’.

Qual è la tua canzone più bella?

Come ti vorrei.

Quella più brutta?

La felicità.

Che vizi hai?

Mangiarmi le unghie e mangiare troppo.

Iva Zanicchi: una vita dedicata alla musica e all’amore

Cosa hai capito della vita?

Capire la vita è quasi impossibile, perché impari sempre qualcosa di nuovo. Magari è banale, ma bisogna essere pazienti, curiosi e buoni (cosa difficilissima). E infine amare, amare e amare.

La cosa per cui vale la pena vivere allora è…

L’amore, ma l’amore per tutto. Per l’arte e la musica ad esempio. La musica è una compagna fedelissima. Quando ho avuto il Covid, i medici pensavano che potessi morire. Io non l’ho mai creduto, ma c’è stato un attimo che insomma, avevo la febbre altissima la polmonite interstiziale, l’ossigeno, tutte ste menate per cui erano preoccupati. Io, invece, ero tranquillissima perché avevo le mie cuffiette e ascoltavo musica. Di solito ascolto musica pop, in quel momento invece ascoltavo Bach, Beethoven, Verdi e Puccini per giornate intere. Ero in un altro mondo. La musica può aiutare tantissimo.

Il dolce ricordo di Lucio Dalla e l’omaggio nel nuovo album: “È stato un grande”

Un pensiero per Lucio Dalla, di cui ricorre il decennale della scomparsa?

In Gargana c’è una canzone che si intitola Dove sei ed è proprio la storia di Lucio Dalla. L’ha scritta da un ragazzo sfortunatissimo, si chiamava Franco Ciani. Era innamorato di Dalla e l’ha scritta la notte in cui è morto Lucio. L’ha tenuta lì per anni, poi è venuto da me. È bellissima. Lucio è stato un grande autore, un grande cantante, ma anche e soprattutto un grande musicista. Voleva sempre fare musica. È stato un grande, davvero.

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