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LIFESTYLE

Influencer, è tutto vero? Intervista a Roberto Buzzatti, il Social Media Manager dei Vip

Chi può svelarci i segreti del mondo dei social meglio dell’uomo che ha gestito i profili di Flavio Briatore?

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Facebook, LinkedIn, Twitter, Instagram, Pinterest, Snapchat, Tik Tok…alzi la mano chi non ha mai usato o sperimentato almeno uno o più fra questi social network. Ormai sono entrati a pieno titolo nella nostra vita quotidiana, reagendo sempre di più al bisogno umano di condividere, ricondividere, postare e ripostare in tempo reale informazioni ed emozioni circa le proprie esperienze e conoscenze. Oggi, prima di incontrare una persona si arriva addirittura a googlarla e a spulciare minuziosamente il suo profilo Instagram, facendo ben attenzione a osservare il numero dei follower.

I re di questo regno della condivisione sono gli amati/odiati influencer, professionisti dei social network che fanno incetta quotidiana di like. Milioni di followers dedicano infatti ogni giorno la loro attenzione ai propri idoli dei social, facendo registrare numeri da capogiro: ma saranno veri questi eserciti di seguaci o esistono aiutini e trucchetti per apparire più popolari? Vi siete inoltre mai chiesti se dietro questi profili di successo si nasconda qualcosa che molti non sanno? Per rispondere a queste e ad altre domande sul mondo degli influencer abbiamo intervistato Roberto Buzzatti, professionista del settore e social media manager dei Vip (tra questi in passato anche Flavio Briatore).

Alla scoperta del mondo degli influencer: i retroscena svelati dal social media manager dei Vip

Roberto, è davvero tutto oro quello che luccica nel mondo da sogno degli influencer?

“l fenomeno degli influencer su Instagram rappresenta un vero e proprio mercato in cui i followers sono sia una valuta che un metro di valutazione. I brand investono sempre più denaro nelle collaborazioni, ossia pubblicità in cui l’influencer, dietro compenso, sponsorizza un prodotto o servizio sollecitando il proprio pubblico all’acquisto. Va da sé che più sono i followers e maggiore sarà l’aspettativa di vendita di chi ha investito in quella promozione. Succede però, fin troppo spesso, che le aspettative di vendita vengano tradite da risultati poco soddisfacenti e ci si domanda se il problema non sia il prezzo di vendita, la qualità percepita o il target sbagliato. Dal mio punto di vista, porsi la domanda sbagliata porta sempre a una risposta inutile. La domanda giusta, prima di avviare una collaborazione con un influencer è: sono tutti veri i suoi followers?

Eh si, perché nel mondo social, che tanto perfetto non è, esistono svariati trucchetti per alterare i numeri dei profili facendoli apparire ben più gonfiati del reale. A tal proposito ho già spifferato qualcosa a Forbes Italia un paio di anni fa e il tema ebbe così tanto successo da entrare nella top 10 degli articoli più letti del 2019. In linea generale molti sanno che è possibile acquistare i followers, ma cosa significa in sostanza? Significa pagare qualcuno perché crei dei profili del tutto fittizi e faccio loro seguire il nostro profilo. Il risultato sarà una crescita del tutto inutile sotto l’aspetto di popolarità e influenza in cui migliaia di seguaci non saranno in realtà altro che nomi di fantasia senza nessuno dietro al loro profilo, se non un computer che li genera automaticamente. Questo metodo, il primo inventato, è ormai facilmente individuabile considerato che i profili fake (falsi) hanno poche foto pubblicate, sono spesso carenti di informazioni sulla BIO e non interagiscono con i profili seguiti.

Esistono però altre strade che consentono di far crescere i followers ricevendone di veri: ad esempio gli Shoutout. In sostanza paghiamo perché venga promosso il nostro profilo da account Instagram realmente popolari. Avete presente le pagine con i meme? Milioni di followers reali che seguono, interagiscono e condividono contenuti divertenti. Il problema di questa soluzione è che riceveremo followers per nulla interessati ai nostri contenuti, che interagiranno sporadicamente e che ben presto lasceranno il nostro profilo. Ancora una volta numeri in crescita, influenza nulla. Ma senza voler essere troppo tecnici e noiosi, proviamo a guardare con logica alla realtà che ci circonda: Bill Gates ha 6,9 milioni di followers, Mariano Di Vaio ne ha 6,4 Milioni. Con tutto il rispetto per il bel Mariano, mi domando se sia davvero plausibile che la differenza in termini di followers tra l’uomo che ha segnato la nuova era tecnologica mondiale e un talentuoso personaggio pubblico italiano possano esserci solo 500mila persone di mezzo”.

“È letteralmente possibile rovesciare un punto di vista popolare”

Dal GfVip a Le Iene, sempre di più i social media si incontrano (e talvolta si scontrano) con la Tv Mainstream: tu hai potuto sperimentare questo fenomeno con entrambe le trasmissioni citate. Raccontaci la tua esperienza.

“Dobbiamo fare una premessa. Se andiamo a vedere bene, esistono sostanzialmente solo due tipi di celebrities su Instagram: quelli diventati famosi per effetto della viralità dei loro contenuti (nativi digitali) e i personaggi pubblici approdati su Instagram. I nativi digitali diventati celebri sono un fenomeno in forte crescita che, sempre più spesso, approda in televisione facendone la sua seconda casa. Il motivo per cui questo succede è abbastanza evidente: costano poco alle produzioni e trasferiscono il loro pubblico sullo share della trasmissione che li ospita. Dai salotti di Barbara D’Urso al Grande Fratello Vip, i nativi digitali che occupano gli spazi televisivi sono sempre di più.

Quello che mi incuriosisce di questo fenomeno è il poter misurare con precisione il reale ritorno che questo link tra social e televisione può portare agli influencer. Nel corso di quest’anno ho potuto scoprirlo direttamente, gestendo il profilo di una vippona del GFVip5, Cecilia Capriotti, e ideando e organizzando con le Iene lo scherzo social a Elisabetta Gregoraci. È stato affascinante poter constatare, in entrambi i casi, la stretta relazione (e i tempi di risposta) che intercorre tra un momento televisivo e il profilo Instagram del personaggio. Ma se questo stupisce relativamente, ciò che davvero colpisce è il grado con cui è possibile condizionare gli umori, e quindi le scelte dei followers facendo leva sulla selezione dei contenuti da pubblicare.

È letteralmente possibile rovesciare un punto vista popolare, far passare l’umore nei confronti di un concorrente da bianco a nero, consentire la scelta tra due opzioni entrambe a proprio favore. Con questo non faccio riferimento a tecniche di hacking per i sistemi di votazione ma solo a tecniche di marketing applicate ai social media. Personalmente, quando devo tastare il sentiment del pubblico, utilizzo esclusivamente Twitter che, per quanto cattivello, è il social meno condizionabile e più valido durante le dirette televisive: non a caso le produzioni mandano in onda i tweet. Instagram va bene invece per sostenere la propria posizione, magari forti di un profilo molto popolare o comunque trend di quel momento. Ma occhio al conflitto di interessi: quale macellaio vi dirà mai che la carne di giornata non è poi così buona?”

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