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In che senso la storia è maestra di vita?

Qual è il vero significato della locuzione resa famosa da Cicerone?

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Che la storia sia “maestra di vita”, si ricava da un celebre passo del De oratore di Cicerone, il cui intento principale però era quello di innalzare al sublime la voce dell’oratore, unica capace di rendere immortale la storia: “Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis, qua voce alia nisi oratoris immortalitati commendatur?”.

Come possiamo interpretare quella espressione ormai divenuta popolare e gettata, nei momenti di difficoltà dialettica e concettuale, in ogni salsa letteraria, politica, sociale e ahimè negli ultimi tempi anche sanitaria? Molti oggi si trasformano nell’arpinate e invocano quelle due parole come ammonimento a chi avrebbe dovuto sapere che una tal cosa, per il solo fatto che sia già accaduta, si sarebbe potuta ripetersi, evitandola, quindi, soprattutto se nefasta. Trasfigurare la storia in un’arte premonitrice è un azzardo che l’uomo colto non può permettersi.

Il futuro inesistente della storia

La storia serve a comprendere il presente; ma dal presente nasce il bisogno spirituale di risalire storicamente verso il passato. Nell’intelligenza storica il passato si fa a sua volta presente, in una dimensione non cronologica ma spirituale. Ciò ha espresso Benedetto Croce da quando ci insegnò che ogni opera di storia, se è davvero opera di intelligenza e di impegno morale, è opera di storia contemporanea: perché è evidente che solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato; il quale, dunque, in quanto si unifica con un interesse della vita presente, non risponde a un interesse passato, ma presente.

Tuttavia per lo storico questa affermazione non può essere intesa come dissoluzione ideale (e idealistica) del passato quale fatto considerato oggettivo. Il passato esiste, per lo storico, come realtà accaduta e distante. Vero è che la distanza e il distacco sono anche un rapporto di conoscenza e di continuità di vita: l’intervallo che separa lo storico dal passato non è, quindi, uno spazio vuoto, e negli eventi che sono interposti tra lo storico e il suo oggetto stanno le ragioni e i modi che ne rendono possibile la conoscenza. Con ciò si supera ogni obiezione sulla «utilità» della storia, la quale non ne ha altra fuor dell’approfondimento del presente. Questa è la sola utilità della storia e non altresì – come sembrerebbe da una superficiale interpretazione dell’antica affermazione che la storia sia «maestra della vita» – quella dell’insegnamento per comportarsi nel presente. 

Il ciclico, storico, fraintendimento

Quell’affermazione era fondata sulla convinzione che i fatti della vita si ripetessero e che la conoscenza di quelli passati fosse come una falsariga o un ammonimento; ed era fondata anche sull’altra convinzione che l’esito di certe operazioni passate potesse esercitare un’influenza correttrice nel presente. E in effetti non è escluso che certe condizioni possano talvolta ripetersi, anche a distanza di molti secoli. Ed ecco un esempio macroscopico. Nel 1943, Roma, sotto il tallone tedesco, rivive l’altro suo anno terribile, il 410, quando fu occupata e saccheggiata dai visigoti di Alarico e la Chiesa, nella persona del suo vescovo, riassume in qualche modo la funzione soccorritrice che ebbe quando – come scrisse Sant’Agostino – soltanto davanti alle basiliche si arrestò, quasi miracolosamente intimidita e rispettosa, la furia dei barbari. Così, ancora una volta, dopo oltre quindici secoli, il papa poteva essere definito defensor Urbis, come notò Federico Chabod nel suo saggio L’Italia contemporanea. 

La storia: la scienza dell’irripetibile

Gli esempi di situazioni somiglianti potrebbero continuare, più frequenti e più simili in termini temporali ben più vicini che nel caso sopra ricordato. E vero bensì che le somiglianze sono spesso scontate per la ripetibilità della natura umana o almeno per quel fondo praticamente immutabile della natura tout court. Non sono dunque sorprendenti le somiglianze che si riscontrano anche tra fatti lontani nel tempo e nello spazio, quando è in giuoco, per esempio, l’esasperazione collettiva o la difesa di interessi vitali o qualsiasi altro tratto che gli uomini hanno in comune in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Ciò consente alla sociologia certe sue affascinanti investigazioni, fondate su accostamenti di uno stesso fenomeno in tempi e luoghi diversi. Ma resta il fatto che la conoscenza storica è soprattutto conoscenza della diversità degli eventi, nonostante le loro possibili rassomiglianze. La storia perciò si può definire la scienza del diverso o persino dell’irripetibile. In quanto all’ammaestramento che si vuole che ne derivi, essa lo esercita veramente con la sua funzione di approfondimento del presente nelle radici che esso ha nel passato. O sarà il caso di dire che la storia è maestra della vita nella stessa misura in cui la vita è maestra della storia. 

La vera essenza della storia, magistra vitae

Anche Croce ha visto nel necessario richiamo al presente se non il contenuto profondo, la ragione della fortuna del motto assai trito che la storia sia magistra vitaeTanto meno la storia potrebbe servire a prevedere o divinare il futuro o, ambizione ancora più grandiosa, indicare il destino dell’umanità. Se alcuni scrittori hanno creduto in questa funzione e qualcuno ha avuto anche la pretesa di farsi storico-profeta, e se una lunga tradizione, sotto l’influenza del cristianesimo, si è sforzata nel secondo senso, l’infondatezza di queste convinzioni e propositi non è meno evidente ove si consideri ciò che realmente è e soltanto può essere la storia. 

Ella, la magistra vitae, concerne le azioni compiute nel passato dall’uomo, anzi dagli uomini, considerate nella massima varietà possibile, che coincide con la vita realizzatasi in opere materiali o spirituali: concerne tutto questo, invita costantemente a riflettere sul nostro presente, e attende a indagarne, spiegarne e intenderne l’origine, lo sviluppo e la trasformazione.

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