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Il wasabi è a rischio “estinzione”: perché rischia di sparire

La pasta verde rischia grosso

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L’alimento tradizionale giapponese è fortemente minacciato: la situazione

Se amate il wasabi, ciò che leggerete non vi piacerà. La pasta verde piccante entrata in contatto con i palati italiani in seguito all’esplosione di sushi restaurant, potrebbe infatti presto sparire per sempre. Scopriamo insieme i motivi che rendono questo condimento ormai prossimo all’estinzione.

Che cos’è il wasabi e come si coltiva?

L’Eutrema japonicum, ovvero wasabi o ravanello giapponese, è una pianta che cresce nelle zone fluviali fredde del Paese del Sol Levante. La pasta verde piccante che ne deriva è parte fondamentale della cucina a base di pesce crudo, del quale ne favorisce la digeribilità.

La sua coltivazione è però non di semplice mantenimento, poiché la pianta necessita di abbondante irrigazione e di temperature basse per sopravvivere e prolificare. Tale specificità climatica lo rende pregiato ed è il motivo per cui nella maggior parte dei ristoranti ne viene proposta una versione “surrogato”, composto principalmente da rafano colorato grazie all’alga spirulina.

Il cambiamento climatico ci toglie anche il wasabi

Principale nemico del wasabi è così il cambiamento climatico, che ha portato un innalzamento delle temperature anche di 15 gradi, con una conseguente drastica riduzione delle coltivazioni. A rendere inoltre difficile la sopravvivenza della pianta, anche una proliferazione senza controllo di alberi di cedro e cipresso, che assorbono una massiccia quantità di acqua impedendo alle radici di wasabi di assorbirne una dose adeguata.

Le possibili (e difficili) soluzioni

Il già raro wasabi originale è destinato così a diventare merce ricercatissima, come evidenzia il dato della produzione mondiale, in calo del 55%, come riporta Il Post. I distretti produttivi giapponesi sono al lavoro per cercare soluzioni in grado di garantire la sopravvivenza dell’alimento, ma non senza difficoltà. Una pianta in grado di vivere a temperature più alte potrebbe essere la nuova frontiera, ma per capirne la fattibilità servono anni di studio. Inoltre, non è assolutamente certo che le proprietà della pasta ricavata conservi il medesimo gusto.

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