MUSICA
Il Circolo Lehmann: da Berlino a Torino con il nuovo singolo Inno Nazionale
L’INTERVISTA – Il ritorno in scena con il nuovo singolo, preludio del disco “Il re delle lepri” in uscita a settembre
Il Circolo Lehmann, la formazione torinese del panorama musicale pop, torna in scena dopo un lungo silenzio con un nuovo singolo, Inno nazionale, preludio dell’imminente secondo disco della band che verrà ufficialmente pubblicato a settembre, Il re delle lepri. Intervistati da lawebstar.it, la band formata da Ghego Zola, Marco Magnone, Lorenzo Serra e Umberto Serra si racconta tra mistero e contraddizione e la scanzonata leggerezza con la quale sviscerano pensieri che affliggono l’uomo moderno come il desiderio di apparire a qualunque costo.
Il Circolo Lehmann, dalle origini al nuovo disco Il re delle lepri
Il Circolo Lehmann nasce dall’iniziativa di Zola e Magnone nel 2011, raccontateci: qual è stata l’idea e come è andata?
Si, è esatto, in quel periodo Io (Ghego) e Marco eravamo spesso compagni di viaggio. Io ero da poco uscito dalla band di Marco Notari e cercavo collaborazioni. Con Marco Magnone nacquero alcune canzoni in Turchia, lui stava scrivendo un diario di viaggio e decisi di creargli una colonna sonora per le sue letture… direi che la prima bozza di progetto è nata così, come un’interazione tra musica e letteratura.
Il vostro primo primo Lp risale al 2016 e da quel giorno sono trascorsi 5 anni. Cosa avete fatto in questo tempo e musicalmente come vi siete evoluti?
Dopo gli ultimi concerti del 2017, che sono seguiti al primo disco, purtroppo abbiamo avuto alcuni problemi personali che ci hanno allontanati. Abbiamo iniziato a lavorare al nuovo disco nel 2018 con l’intento di fare una cosa molto diversa dal primo LP (Dove nascono le Balene). Il progetto si è evoluto. E’ uscito fuori un concept album di 15 pezzi, un lavoro molto curato, certamente ambizioso, ideale per un pubblico meditativo, aperto ai generi, che sappia prendersi il suo tempo per immaginare. Abbiamo trovato diversi linguaggi sonori e lirici. Siamo molto soddisfatti del tempo impiegato a ricercare. Volevamo uscire col disco l’anno scorso ma per via della pandemia abbiamo rimandato a quest’anno.
Inno nazionale è il vostro singolo appena uscito volto a “ridicolizzare il pensiero capitalista occidentale”. Parafrasatecelo:
Il pezzo ha un duplice significato. Preso singolarmente denuncia con sarcasmo i modelli di pensiero e i canoni legati al successo che ispirano la nostra società (l’individualismo, l’invidia, frasi motivazionali diventate mantra: stay hungry, stay foolish ecc); all’interno del disco invece la canzone fa da contraltare al desiderio di “decrescere” del protagonista. E’ preceduta da una sorta di canzone-preludio intitolata Quello che avrei voluto fare in cui il protagonista mestamente rimpiange di non aver fatto qualcosa di grandioso nella sua vita, qualcosa in grado di renderlo celebre e immortale, un Inno nazionale appunto. Inno nazionale, nel contesto del disco, non è altro che il desiderio di affermazione sociale del protagonista il quale pone gli obiettivi individuali di gran lunga al di sopra di quelli collettivi spinto dall’invidia e dalla frustrazione di non avere abbastanza.
La brama di apparire è un desiderio che logora il musicista contemporaneo?
Può essere, dipende molto da come te la vivi. Sicuramente la continua esposizione sui canali digitali sfalsa alla grande la percezione di quello che facciamo. Siamo in un periodo storico in cui il peso della comunicazione supera di gran lunga il prodotto o l’arte o in generale l’oggetto della comunicazione stessa. Ad ogni modo il desiderio di apparire a tutti i costi, il farsi “merce desiderabile” (per citare Zygmunt Bauman, uno dei filosofi che maggiormente ci ha ispirati) riguarda un po’ tutti.
Inno Nazionale è però solamente il preludio di un album che uscirà a settembre, Il re delle lepri. Chi è questo re delle lepri?
Il re delle lepri è il protagonista del nostro disco: è un uomo frustrato e deluso che non si ritrova più nel suo modo di vivere e cerca una via di fuga. Questa la trova idealmente ma faticosamente nei principi filosofici della decrescita. Tuttavia la società del consumismo digitale non può approvare il desiderio di un individuo di volere meno di quello che ha e il nostro personaggio non trovando un nuovo contesto sociale finisce per isolarsi e farsi eremita. Il titolo è ispirato all’omonimo racconto dello scrittore argentino Federico Falco.
Il Circolo Lehmann: Berlino come punto di partenza
Sogno e realtà, mistero ma anche tra contraddizione e ironia: come si traduce tutto questo nella vostra musica?
Certamente questa è una definizione che ci piace associare al nostro primo disco, decisamente più etereo e legato a un mood di matrice psichedelica e cantautorale (vedi Marlene, Ulisse, Danza). Siamo una band a cui piace mescolare le carte, forse a volte eccediamo, ma di certo non proponiamo dischi tutti uguali, anzi. Ad ogni modo una componente di mistero la riteniamo un’ingrediente indispensabile, per lo meno qua e là, per una buona canzone.
Berlino è sicuramente parte fondante del Circolo Lehmann, cosa rappresenta per voi?
Berlino è una città che ti rapisce per le infinite atmosfere che riesce a comunicare. In una sera puoi passare da un locale elegante a un rave party in un centro sociale per concludere a straparlare in un bar di Kreuzberg fino all’alba. Il nostro nome inoltre è legato a Berlino perché si ispira al romanzo/film culto Herr Lehmann.
Oltre a Berlino avete altre fonti, artisti di ispirazione?
Ascoltiamo tantissime cose diverse e da questo deriva il nostro piacere di mescolare i generi. Facciamo realmente fatica a mettere giù dei nomi perché ci sembra di fare un torto ad altri. Ad ogni modo, alcuni artisti odierni che maggiormente ci ispirano sono senza dubbio Bon Iver, Nils Frahm, Future Island, War on Drugs, Bleachers, National, American Football, Bill Callahan.
Collaborazioni in futuro?
Intanto siamo felici che nel nostro prossimo disco ci sarà una collaborazione con Marco Notari che duetterà in una canzone. È un grande amico e cantautore. In Italia ci sono tantissimi artisti di grande valore, se dovessimo fare 3 nomi al volo diremmo Iosonouncane, Laszlo De Simone e Giovanni Succi.
Il Circolo Lehmann a piede libero per il mondo con in tasca Dostoevskij
1Proiettandovi nel futuro, cosa vedete? Siete tipi da Festival di Sanremo?
L’ultima volta che abbiamo visto il Festival c’era Grignani che cantava Destinazione Paradiso, avevamo 13 anni. A parte gli scherzi, quest’anno Sanremo ha fatto grandi passi in avanti in termini di proposte musicali. In merito a noi, pensiamo che il Circolo Lehmann sia un progetto di valore che meriti di lavorare con costanza e ampliare il proprio pubblico in un contesto indipendente.
Il vostro motto? Un pensiero che vi rappresenta?
“Il signor Lebezjatnikov, che segue le idee moderne, alcuni giorni fa ha spiegato che ai nostri tempi la compassione è proibita perfino dalla scienza, e che in Inghilterra, dove c’è l’economia politica, si fa già così”, Dostoevskij.
Tema libero e pazzo. Raccontateci un aneddoto o qualcosa totalmente a caso, la prima che vi viene in mente:
Sul mare batteva l’ultimo sole. Il modo migliore per allontanare le meschinità è guardare dove tutto ti sembra ancora pronto per essere scritto. L’orizzonte del mare è un libro che si scrive e si cancella l’attimo dopo e i tuoi sedici anni non finiranno mai. Basta così poco per non sentirsi da buttare via?