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Guerra in Ucraina: Putin continua con il gioco delle tre carte

Una storia già vista, sia da parte della Germania che degli Stai Uniti.

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L’esercito russo entra nel Donbass: l’Ucraina e l’Occidente tremano. E non per il freddo.

Negli ultimi anni sono state numerose le date che di certo, in un immediato futuro, saranno inserite all’interno dei libri di storia. La rinuncia all’ufficio di romano pontefice da parte di Ratzinger e l’inizio della pandemia sono soltanto alcune di queste, a cui ora, purtroppo, si aggiunge quella relativa all’ingresso delle forze armate russe all’intero dello Stato ucraino.

Putin e l’Ucraina: l’assalto dello Zar

Il presidente russo Vladimir Putin, dopo giorni interminabili di incontri e scambi diplomatici con i maggiori leader europei, tra cui il presidente francese Emmanuelle Macron, ha deciso di entrare nel Donbass dimostrando di non aver, forse, mai avuto a cuore una soluzione diplomatica per la risoluzione del conflitto, riconoscendo addirittura l’indipendenza di Donetsk e Lugansk. Un atto, quello dello Zar di Mosca, che attesterebbe la sua volontà, mai effettivamente celata, di minare l’integrità territoriale dell’Ucraina, ammantando le proprie azioni con le preziose vestigie della missione di peacekeeping e della lotta alla minaccia Nato nei confronti della Russia.
Eppure, nonostante le dichiarazioni di Putin dopo il suo Consiglio di sicurezza straordinario che hanno tutto il sapore della propaganda ideologica, ma anche il retrogusto della minaccia alle altre regioni baltiche, l’esercito di ucraino non si muove, non risponde alla minaccia in modo da non fornire un casus belli ai russi. E intanto, lo Zar è costretto a incassare il peggior crollo in borsa dal 2008.

L’urlo di Vlad scuote l’Occidente… con buona pace della popolazione ucraina

Uno dei problemi che scaturisce da questa “discesa in campo” delle forze russe, come direbbe un ragazzo un po’ stagionato e vecchio amico di Putin, è sicuramente la posizione geopolitica dell’Ucraina dei territori filorussi di cui, per adesso almeno, si compone. In un pezzo di Daniele Raineri sempre per Il Foglio questi luoghi sono trattati dalla Russia: “Con cinismo da Mosca come un’arma per prevalere nel confronto con la comunità internazionale“.
Da tempo i due oblast oggetto dell’espansionismo russo sono stati sfruttati in ogni modo, dal punto di vista militare sino a quello politico, vedendosi ora riconoscere da quella che fu la madrepatria un’indipendenza vuota, antipasto per i lupi che arrivano dal gelido freddo orientale e che già imbastiscono il tavolo per la cannibalizzazione e la successiva annessione entro i propri confini geografici delle due regioni.
In tutto ciò la popolazione si sta comportando come ci si potrebbe aspettare, ossia cercando di lasciare quei territori. Ma se la propaganda russa attesta come siano tantissimi i profughi verso la vecchia e cara Unione Sovietica, in verità sarebbe più corretto parlare di chiamare le cose con il proprio nome, almeno una volta: “È in corso una deportazione della popolazione del Donbass verso la Russia, per scopi di propaganda politica. Alcuni non trovano posto a Rostov, la prima città russa dopo il confine, e quindi sono spediti molto più a est e più lontano, senza sapere quando torneranno“.

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