TV e SPETTACOLO
Essere Roberto Ciufoli: le risate, lo sport e l’amore verso i figli
Roberto Ciufoli: attore, comico, sportivo, padre. Probabilmente in ordine inverso. Un uomo che ama la risata, il lavoro di squadra e che trasmette una profonda serenità che appare derivare dalla chiara consapevolezza del suo essere e dalle tante passioni che vive: dallo sport, al lavoro, ai momenti in famiglia.
Intervista a Roberto Ciufoli, il re della risata che ama lavorare in squadra
Hai iniziato la tua carriera in un collettivo ben nutrito di colleghi, ma fai anche molti spettacoli da solista. Quale tra le due modalità di lavoro preferisci?
C’è chi si muove meglio da solista e chi preferisce lavorare in gruppo, io faccio parte di quest’ultima categoria, ma senza disdegnare il ruolo da solista, che è poi quello che mi vede impegnato specialmente nell’ultimo periodo, ad esempio con i monologhi.
Come si gestisce il lavoro quando si fa parte di una squadra?
Serve un’ottima capacità di ascolto e saper far aderire il proprio stile a quello degli altri per crearne uno nuovo che ne rappresenti la somma, come nel caso della Premiata Ditta. Eravamo quattro, con personalità e stili diversi e ciò che veniva fuori era una sorta di quinto stile, quello della Premiata Ditta.
È più difficile far ridere in gruppo o far ridere da soli?
Ci sono dei pro e dei contro da entrambe le parti. Far ridere in gruppo dà la possibilità di sfruttare il gioco di squadra. Quando sei da solo invece devi fare tutto da te, anche il lavoro sporco della spalla, e non è proprio semplice.
Un uomo, mille passioni: su tutte lo sport
Nel tuo modo di interpretare la comicità c’è spesso l’utilizzo del gioco di parole, come hai sviluppato questa capacità?
Me lo sono trovato come dono naturale. Mi è sempre piaciuto giocare con le parole e ho da sempre facilità e velocità nel trovare assonanze. Mi sono formato leggendo Karl Valentin, i Fratelli Marx, Woody Allen, Ennio Flaiano; tutti loro sfruttavano molto i doppi sensi e a me affascinava vedere che le parole, disposte in un certo modo, potessero dare un senso completamente diverso alla frase. Mi affascina, come fa altrettanto il movimento del corpo.
Sei un grande appassionato di sport e ti alleni tantissimo, questo rapporto col tuo fisico ti è servito anche sulla scena?
Assolutamente sì. Credo che il comico si esprima col corpo ancor prima che con la parola. L’atteggiamento visivo è la prima forma di comunicazione, la battuta arriva dopo.
Sei sempre in movimento, hai mai dei momenti di puro ozio?
Mi succede raramente. Ogni tanto mi concedo una pausa, ma fare sport è proprio un piacere per me, trovo il rilassamento mentale nello sforzo. Ragiono molto meglio in movimento.
Questo ha dato i suoi frutti in un’esperienza come l’Isola dei Famosi, dove nonostante fossi il più maturo hai resistito meglio di tanti giovani.
È stata più una questione di resistenza psichica. La testa ti fa trovare energie che non ti sembra di avere, in questo la disciplina sportiva è stata un vantaggio. C’erano ragazzoni che sono crollati dopo poco tempo, perché è più una questione di testa che di preparazione fisica. Se misuravamo solo i pettorali ovviamente non c’era storia.
I tuoi sforzi nel ragionare di squadra però non sono stati percepiti bene sull’isola, come ti ha fatto sentire?
Mi sono sentito solo in tante occasioni perché per me quello era un lavoro di gruppo, avevo interesse che si andasse avanti insieme, che si lavorasse di concerto, ma passava come se volessi imporre qualcosa o comandare. Dal mio punto di vista sono stato interpretato male, probabilmente non mi sono fatto capire io. L’Isola è un gioco strano, si dovrebbe lavorare di gruppo, ma poi vince uno solo, non vince la squadra.
Roberto Ciufoli e il rapporto con i due figli
Sul tuo profilo Instagram pubblichi spesso foto con i tuoi figli, sembri un papà moltp orgoglioso. Com’è il vostro rapporto?
Fantastico, a me piace da morire, io li amo. Jacopo ha 26 anni, il piccolo ne ha 5. Sono un papà orgogliosissimo e cerco di passare più tempo possibile insieme a loro.
Sono di due età molto diverse che ti permettono di fare il genitore con due approcci differenti, da un lato con lo stupore di veder crescere un bambino e dall’altro creare un rapporto adulto con il grande. Hai modo di esplorarti ancora tantissimo.
Esattamente, è così. Li ho visti dal loro primo centimetro su questo mondo, ho assistito al parto e sono un papà che nonostante ci sia poco per lavoro, sono molto presente. Con il grande è bello perché abbiamo proprio voglia di passare del tempo insieme, mentre il piccolo è una ‘bomba’. Un bambino, a quell’età specialmente, è proprio un cartone animato, scoppia di energia; quando pensi di averlo capito, devi ricominciare da capo.
Dal cinema al varietà: le esperienze con Sergio Corbucci e Rita Pavone
Nel corso della tua lunga carriera hai lavorato anche con il grande Sergio Corbucci in Night Club, con un cast molto ricco. Com’è stato lavorare con un’icona del cinema italiano?
È stato interessantissimo, a partire proprio dal cast: c’erano Claudia Gerini, Sergio Vastano, Mara Venier, Sabrina Ferilli, Christian De Sica, era un cast importante. Di Sergio mi colpiva la sua capacità, sapeva sempre quello che stava facendo. Quando arrivavamo alle prove di lettura, prima di girare una scena, ognuno di noi attori proponeva alcune modifiche. Lui dava spazio a tutti e diceva ‘ok leggetela così’. Noi la leggevamo, tutti contenti, ognuno nel modo in cui l’aveva pensata e…non funzionava nulla. Poi Sergio diceva ‘ora leggetela come dico io’, la facevamo così ed era perfetta. Al terzo giorno nessuno ha detto più niente ci siamo affidati a lui. Era un maestro.
Altra esperienza particolare, quella di Gian Burrasca, serie curata da Rita Pavone e Teddy Reno. Come è stato lavorare con loro?
Bellissimo. Ci siamo poi incrociati tante altre volte. Siamo stati addirittura insieme in uno spettacolo in Russia a Mosca. Eravamo aggregati ad un Festival della Canzone Italiana, dove i cantanti erano conosciuti, ma a noi non ci conosceva nessuno. Oltretutto recitavamo in russo per farci capire, è stata un’esperienza stranissima. Con Teddy Reno c’è sempre stato un rapporto bellissimo, e fare Gianburrasca con Rita Pavone a me sembrava un sogno perché l’avevo visto in tv da piccolo.
C’è qualche esperienza che hai invidiato a un collega?
Non l’ho mai vissuta con l’invidia e la rabbia, ma contento per chi ha avuto opportunità che avrei voluto avere io. Ad esempio è capitato per una ‘parte’.
Un ‘no’ sofferto che hai dovuto dire?
Più di uno. Occasioni che erano sulla carta interessanti e che purtroppo non potevano avverarsi perché in quel momento stavo facendo un’altra cosa. È un grande classico che succede a tutti.
Nuovi progetti?
Sto per riprendere a girare uno spettacolo che si chiama Il test, siamo quattro attori: Benedicta Boccoli, Simone Colombari e Sara Bianchi. Ne curo anche la regia, è una commedia divertente. Poi sarò al lavoro con due monologhi, uno divertente ed uno invece molto intenso che si intitola The Man Jesus.