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Elisabetta Franchi & Co: femministe a tempo determinato
Quando la pezza è peggio del buco
Spoiler: nella prossima puntata di Black Mirror Elisabetta Franchi licenzia Elisabetta Franchi
Forse l’errore di valutazione è stato fatto in partenza: ergere a simbolo di femminismo qualunque donna ricopra un ruolo dirigenziale, senza chiedere niente di più. Qualsiasi donna al potere, qualsiasi donna al vertice di un’azienda, qualsiasi donna abbia voce in ambito decisionale o sia economicamente influente e indipendente. Il femminismo non significa “farcela lo stesso ma con l’utero e le ovaie e il ciclo e l’endometriosi”, e ancora meno lo si dovrebbe pensare alla luce dei tanti modi che suggeriscono “come potercela fare”, indipendentemente dai meriti e indipendentemente dai diritti. “Ricordo che è la SUA azienda, che paga LEI i suoi dipendenti e credo sia libera di assumere CHI REPUTA PIÙ OPPORTUNO“, fa l’eco Sonia Bruganelli, come se il discorso di Elisabetta Franchi non fosse bastato.
Riassumendo quello che viene a galla fra le righe: Elisabetta Franchi, in quanto Elisabetta Franchi, è stata intrinsecamente indicata dall’alto come esempio di femminismo in quanto “donna in carriera al vertice della SUA (maiuscolo, grazie Sonia) azienda”. Donna forte e capace, determinata e degna di lode al merito per l’impero che ha saputo costruirsi e che proprio in virtù del ruolo che ha può permettersi, allora, di discriminare a suo piacimento. Ma per il bene dell’azienda, la SUA azienda.
Sonia Bruganelli che difende Elisabetta Franchi non sa che è stata licenziata nel prequel
Facendo un breve calcolo, classe 1974, Sonia Bruganelli ha affrontato la prima gravidanza quando aveva circa 30 anni. Dopo la prima figlia Silvia sono poi arrivati Davide e Adele. Senza chiamare in causa dialettici sillogismi aristotelici, l’altrettanto capace e determinata Sonia Bruganelli, per quanto oggettivamente meritevole, ad Elisabetta Franchi più che il curriculum ai tempi avrebbe potuto sporgere un fazzoletto, magari per asciugarle la goccia d’umiltà sulla fronte. “Libera di assumere CHI REPUTA PIÙ OPPORTUNO“, e fa sorridere da sé. E lo direi alla luce di un commento della stessa Bruganelli che, pubblicato il tweet, sommersa da critiche e osservazioni molto puntuali, ben argomentate e taglienti, ha trovato il tempo di rispondere solamente ad un quasi unicum sgrammaticato commento: “L’italiano, questo sconosciuto“.
Perché il lavoro è un diritto che vola via, è tutto un equilibrio sopra la demagogia
Da imprenditrice in fondo, si è già espressa. Manca però la risposta da accademica della Crusca ai 5 commenti prima e dei 5 commenti dopo, tutti perfettamente articolati in italiano. Persino con i congiuntivi, ma effettivamente non vale la pena. Voglia il cielo che, ottativo, nel silenzio social la Bruganelli, insieme alla Franchi, stia magari consultando il vocabolario alla luce della forte confusione sull’uso del termine: demagogia.
Demagogia che, da definizione, indica la degenerazione della democrazia per la quale al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere. Demagogia… parlare di diritti, demagogia? Non diritti, non leggi, non parità, demagogia secondo Sonia Bruganelli.
Plot twist: il fraintendimento riparatore
Poi le critiche, la polemica, le accuse e infine il post riparatore, il Grande Fraintendente: “Come ho sottolineato, avere una famiglia è un sacrosanto diritto. Chi riesce a conciliare famiglia e carriera è comunque sottoposta a enormi sacrifici, esattamente come quelli che ho dovuto fare io“. E dice bene la Franchi, chi riesce. Saranno sicuramente “tranquille” le donne che “al mio fianco, lavorano h24“.
Insomma, come dirvelo meglio: ce l’avete lunghissimo, il curriculum, ma non lo sapete usare per niente.