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Elezioni politiche: la sapienza non è una chiacchiera su Tik Tok

In vista delle elezioni politiche, scomodiamo i veri saggi

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La parola e la politica: un terreno fertile per il confronto, verso le elezioni politiche del 25 settembre

L’uomo è un animale politico, secondo Aristotele, ed è portato per natura a unirsi ai propri simili per formare delle comunità, provvisto di λόγος, cioè d’intelletto e parola che ben si accordano con la sua innata socialità. È proprio in questo modo che gli uomini possono trovare un terreno di confronto e vivere secondo la giusta misura in quella πόλις, dove coabitando urbs e civitas, cioè pietre e uomini, l’importanza massima era volta non solo all’aspetto socio-economico, ma anche a quello etico-morale.

La parola politica ha cotanta eredità etimologica e la politica è l’ago della bilancia del benessere dei cittadini. È una cosa seria, necessita di uomini e di fatti, non solo di parole. Ormai sono prossime le elezioni politiche per rinnovare la Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con l’obiettivo di garantire al cittadino la stabilità nei campi principali della vita di ognuno, chimera nel recente passato, augurandoci che non lo sia anche nel prossimo futuro. 

Da Platone e Cicerone alla sterilità di Tik Tok

Le tribune elettorali e politiche d’un tempo, antiche rubriche televisive, avrebbero fatto un baffo, come si suol dire, alle migliaia di parole che gli attuali politici quotidianamente sparano a raffica con qualsiasi arma di comunicazione in loro dotazione. I mezzi preferiti ormai sono i social, addirittura quel network cinese dal nome che ricorda piccole caramelline a forma ovale, senza tralasciare il vecchio “Mod. 91” della televisione, della stampa, passando per le stazioni radio e le piazze cittadine.

Ma tutte queste parole scolorite politicamente, prese in prestito dal partito antagonista del momento e rimescolate a proprio uso e consumo, espedienti argomentativi tanto per colmare vuoti e debolezze di cultura politica, manualetti improvvisati per l’urgenza elettorale, faranno davvero il bene dell’Italia e soprattutto degli Italiani?

La lezione di Cicerone in vista delle elezioni politiche

Cicerone – riprendendo la riflessione dei sofisti greci, per i quali la vita, privata e pubblica, personale e politica, era una battaglia di parole – alla domanda se sia maggiore il bene o il male che alla repubblica ha arrecato l’uso della parola, nel De inventione risponde che, quando essa è proprietà degli eloquentissimi homines, coloro che schierano la sapienza a fianco della parola, allora la repubblica vede la luce ed è salva; quando, invece, essa è facoltà dei disertissimi homines, vale a dire i più bravi parlatori, gli abili comunicatori, i demagoghi, allora la repubblica conosce la notte e va in rovina.

Affinché il diritto nell’accezione universale, come insegnava Kant, non debba mai adeguarsi alla politica, ma la politica in ogni tempo dovrà adeguarsi al diritto, servono politici virtuosi e sapienti, capaci di non associare la ricchezza al loro governo, rendendo il cittadino fiero di far parte di quello stato, camminando insieme verso progressi sempre più fruttuosi. Una classe dirigente degna deve essere una classe sapiente, dove sapienza non indica una qualche particolare erudizione dottrinaria, ma la capacità di raccogliere e tener vive la tradizione del singolo popolo e le esperienze del passato.

La lezione di Platone

Per Platone il governo della città rappresentava, per usare sempre le parole dell’arpinate, l’espressione massima della virtù: usus maximus virtutis gubernatio civitatis. Il sapiente non è un volontario ma “un costretto” della politica, e il suo impegno è la risposta responsabile a una chiamata onde evitare il governo degli incompetenti. Il filosofo ateniese, intorno al 375 a.C., illumina il concetto nella sua opera Πολιτεία: “Né per ricchezze vogliono assumere il potere gli uomini buoni, né per gli onori… Occorre dunque imporre loro una costrizione. Gli uomini di valore vanno al potere non come se raggiungessero un bene né per compiacersi di esso, bensì in stato di necessità“.

Comprendiamo perché Cicerone nel Somnium Scipionis, celebre brano del trattato De re publica, riserva l’immortalità dell’anima e un posto in una dimora eterna nella Via Lattea – una sorta di paradiso – ai politici, cioè a coloro che hanno sacrificato la propria vita per la Res publica, mettendo al vertice il bene comune, dove con complessità e splendore prendono forma i linguaggi, i bisogni e gli interessi di tutti. Stiano tranquilli i signori candidati d’oggi, né filosofi, né eloquentissimi homines, né disertissimi homines: quei posti a sedere azzurri ed eterei lassù ormai sono terminati, abbondano soltanto pesanti e dorate poltrone quaggiù.

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