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Edouard Manet: i 190 anni di un impressionista che non si è mai sentito tale
Il 23 gennaio è una ricorrenza importante per la pittura e l’arte, non solo francese. Nel 1832 nasceva Manet
Edouard Manet, i 190 anni di uno dei più grandi pittori della storia
Sebbene Manet sia considerato dalla critica uno dei capostipiti dell’impressionismo e del pre-impressionismo, lui non si definì mai come tale e mantenne un certo distacco dal nascente movimento artistico. Eppure con i giovani impressionisti, Manet non ha in comune solo lo stile pittorico, ma anche gli scandali suscitati dalle sue opere, e i numerosi rifiuti a esporle in Saloni “ufficiali”.
Edouard Manet: la vita di uno dei padri dell’impressionismo
Manet era primogenito (con due fratelli minori) di una famiglia agiata, come tale ci si aspettava molto da lui, non certo che seguisse velleità artistiche. Il primo grande rifiuto, dunque, gli venne da suo padre, il giudice August Manet, mentre la madre era figlia di un diplomatico. Il padre, infatti, cercò di indirizzare la carriera di Edouard, distogliendolo (o almeno, provando a distoglierlo) dalle inclinazioni da pittore, che lui aveva manifestato fin da bambino. Dapprima lo iscrive al prestigioso College privato parigino Rollin, ma il rendimento nello studio si rivela ben presto scarso. La scuola esiste ancora, col nome di Collège-lycée Jacques-Decour, e ospita duemila persone fra gli allievi, docenti e personale scolastico. Il padre non demorse e scelse per Edouard la carriera militare, facendolo imbarcare come allievo pilota sulla nave Le Havre et Guadalupeelse. Manet aveva 17 anni.
La formazione, l’incontro con i pittori francesi, il matrimonio
Durante i mesi di viaggio, il giovane non si appassionò per niente alla marina militare, anzi rafforzò la sua voglia di dipingere, realizzando molti schizzi di ciò che vedeva. Nel 1830, di ritorno a Parigi, convinse il padre a lasciarlo entrare nell’atelier del ritrattista Thomas Couture. Manet ci stette per 6 anni, nonostante i continui dissapori col maestro, giudicato troppo “accademico”. “Non so che ci faccio qui; quando arrivo all’atelier, mi sembra di entrare in una tomba“, si ritrovò a dire Edouard. Durante quegli anni si legò sentimentalmente alla sua insegnante di pianoforte olandese Suzanne Leenhoff dalla quale ebbe un figlio. Si sarebbero sposati nel 1863. Lasciato l’atelier, Manet viaggiò in gran parte d’Europa, per conoscere le opere di Giorgione, Tiziano, Goya e molti altri da cui avrebbe tratto ispirazione. Nel 1856 la sua entrata nell’Accademia di Léon Bonnat lo avvicinò ai maggiori pittori francesi dell’epoca, come Monet e Renoir e, successivamente, conobbe anche il poeta maledetto Baudelaire. C’era un divario sociale importante fra Manet e la maggioranza degli altri pittori, i quali venivano spesso da famiglie molto povere e avevano patito la fame. E anche la pioggia di critiche degli esperti d’arte non lo aiutò a inserirsi.
Colazione sull’Erba e altri scandali
Nel 1863, l’anno del suo matrimonio, venne anche esposta al Salon des Refusès la sua opera più celebre, Colazione sull’erba. Lo scandalo fu immediato. Vi era raffigurata una donna completamente nuda (e una in sottoveste) che sedeva tranquillamente accanto a due gentiluomini in abiti scuri, probabilmente impegnati in una conversazione colta. Non era pensabile, per i borghesi di allora, ritrarre un nudo femminile senza orpelli accademici e intenti miticheggianti. L’altra critica gli fu mossa al paesaggio naturale, che pareva dipinto per “impressioni” più che con accuratezza, cosa che disorientava i contemporanei. Nello stesso 1863 cominciò a lavorare al nudo femminile Olympia, che venne esposto due anni dopo. Il suo nutrito gruppo di ammiratori non riuscì ad arginare le critiche che colpirono il quadro.
Manet, deluso, si spostò in Spagna per qualche anno, dove si lasciò ispirare dalla corrida e da Velàsquez. Al ritorno in patria si scoprì escluso dall’Esposizione Universale. Quindi ne allestì una personale a Place de l’Alma, dove espose alcuni dipinti, tra cui il Pifferaio. Ma il pubblico accorse solo per deriderlo. La sua forza pittorica, talvolta frutto di pennellate di getto e talvolta frutto di meditazioni, venne però compresa da alcuni suoi colleghi, come Mallarmé e Huysmans. Dal 1879 Manet dovette convivere con l’atarassia locomotoria, un grave disturbo neurologico. A questo si aggiunsero complicanze della sifilide e dei reumatismi, che costrinsero i medici all’amputazione della gamba sinistra il 20 aprile 1883. Dieci giorni dopo morì, lasciando come eredi non solo la moglie, ma anche il maestro e amico, Léon Bonnat.