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LIFESTYLE

È l’alba del campionato di calcio: distrazione o emozione?

L’editoriale di Roberto De Frede

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Una domanda ricorrente dei sociologi è se il sentimento calcistico sia un fenomeno naturale, o se gli appassionati siano indotti a desiderare lo sport. Un freddo studioso di fenomeni della società umana, che probabilmente mai ha provato l’ebbrezza da bambino di calciare un pallone, ignorando pertanto cosa fosse la felicità, risponderebbe che il fanatismo (io direi passione) sportivo è stato creato dall’élite al potere per distrarre le persone, mentre depreda diritti e libertà, istupidisce i giovani e devasta il patrimonio naturale, culturale ed economico. Utilizzando tecniche di distrazione di massa, questi venditori di fumo focalizzano l’attenzione del pubblico altrove, mentre compiono il loro saccheggio.

È ovvio che non è lo sport in quanto tale ad essere il problema, ma il modo in cui viene manipolato da questa gente senza scrupoli, il cui solo obiettivo vitale è il potere, il controllo e la ricchezza. Il fanatico (io direi appassionato) dello sport non si rende conto di essere uno schiavo nelle mani della stanza dei bottoni. Questa “diagnosi” tecnico-politica è lacerante, insopportabile, per un sognatore romantico come me; non mi resta che tentare di far venire anche ai sociologi e a chi la pensa come loro la voglia di calciare un pallone con un magico effetto a “foglia morta” imprendibile, verso una porta che sta al di là di quella élite. “L’unica gioia al mondo – esclamava Cesare Pavese – è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante”. E noi tutti, più degli altri anni, abbiamo bisogno di ricominciare a vivere come facevamo nel nostro recente passato, che a tratti sembra ancora oggi inafferrabile. 

Il calcio: sogni e illusioni al servizio del popolo

L’inizio del campionato di calcio, nonostante tutto – spezzatino di orari con le partite spalmate in tre giorni, calciomercato gestito a mo’ di specchietto per le allodole, calciatori-bandiera ridotti ai minimi termini… e potrei continuare – riesce ancora a donare, a tutti gli appassionati, non solo allegria e gaiezza, ma emozione e adrenalina purissime, e un senso di sano e fanciullesco protagonismo. Infatti, raramente il tifoso dice “oggi gioca la mia squadra”, ma esclama orgoglioso “oggi giochiamo!” E sa bene, questo “giocatore numero dodici”, che è lui a soffiare la palla verso la porta avversaria, quando una melina infruttifera si è impossessata della partita. L’uomo, eterno agonista fin da bambino, ha trovato la sua arena più naturale: il calcio, quale materia preziosa fatta di sogni e illusioni, al servizio di un intero popolo. Le battaglie sui verdi prati, lo scudetto tricolore cucito sul petto, i derby all’ultimo sangue e le sfide mai terminate lunghe più d’un secolo che non sono meno ardue di quelle di tutti i giorni. 

Sopravvive, nella partita, in quei palpitanti novanti minuti, un’umana incertezza. Essa ha mille ragioni per non sentirsi mai esaudita. È la sua invincibile forza. Il calcio genera passione pura verso una casacca sudata e mai doma, e porta ad esprimere e a provare emozioni che rinascono di volta in volta, di partita in partita, perché l’attimo non è mai lo stesso e nemmeno noi siamo sempre uguali al prima o al dopo di un evento. La vita vive di emozioni, di pathos, che siano felici o dolorosi, non importa. Come la poesia, dispensiera di lampi di luce al cieco mondo, il calcio permette di esternare energie, pensieri, stati d’animo in modo totalmente naturale, quasi incredibile. Concede alle persone di viaggiare con la mente, con la fantasia, di riconoscersi nelle parole e nei gesti altrui, è una specie di porto sicuro, di rifugio, dove trovare riparo nei momenti in cui si ha la necessità di liberarsi da qualcosa o da qualcuno, quando si assiste al reale bisogno di ritrovare se stessi.

Gol! Bello proprio come la poesia

Se riflettiamo con attenzione, il calcio e la poesia sono come due anime gemelle, possiamo farle proseguire su due strade parallele per un’infinità di tempo, ma prima o poi si incontreranno perché qualcuno si renderà conto che da sole riescono sì a generare bellezza, ma insieme possono partorire una scintilla incandescente: il gol! Ecco l’invenzione, la sovversione del codice: ogni gol è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica di pasoliniana memoria. Sarò un instancabile romantico visionario, ma per me nulla è cambiato da quando in radio “Tutto il calcio minuto per minuto”, unico punto di contatto tra i campi e le nostre case, deliziava gli italiani: fantasticavo i gol e le azioni epicamente raccontate e poi, quando guardavo in televisione “90° minuto”, la mia curiosità era quella di vedere il gol, raccontato come fosse una fiaba dai leggendari radiocronisti, per confrontare la mia immaginazione con la realtà. E, molto spesso, devo dire che il confronto era straordinario, non tanto per la somiglianza di quanto accaduto in campo, ma per l’incredibile emozionante sogno che, in una fredda domenica d’inverno, quel gesto poetico mi aveva regalato.

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