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Babbo Natale, un demiurgo meravigliosamente necessario

Perché potremmo dire che il suo operato si avvicina più a quello di un demiurgo, nel significato più antico del termine: letteralmente “lavoratore pubblico”

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Babbo Natale è una cosa seria

E non solo per il mondo dell’infanzia. Dietro la favola, alla quale più o meno tutti abbiamo creduto, e dietro la finzione nella quale ci nascondiamo noi grandi, si celano elementi sociologici, antropologici e culturali che accompagnano la nostra vita. Tutti conoscono Babbo Natale, ma molti non sanno dire con precisione chi sia e cosa rappresenti la sua figura. Negli ultimi decenni, il simpatico vecchione è entrato a far parte delle leggende del nostro tempo ed oggi occupa un posto d’onore nella liturgia secolarizzata delle feste di fine anno. Nell’immaginario collettivo di grandi e piccini, Babbo Natale è un omone grande e grosso, con gli occhialini da vista appoggiati sul suo naso rubicondo e una fluente barba bianca che gli arriva fin quasi alla cintola. Dimostra indubbiamente una certa età, ma si presenta in buona salute e in perfetta forma fisica. È corpulento, ma agile nei movimenti. È anziano, ma dinamico; insomma incarna quell’immagine di salute e di benessere che tutti vorremmo avere nella terza o nella quarta età, senza dover rinunciare ai piaceri della tavola. Anche perché chi può dire quale sia l’età di questo fantastico individuo? Le emozioni non hanno età. 

Babbo Natale: la proiezione di una figura archetipica

Amante dei bambini e protettivo, Babbo Natale si presenta come un personaggio fortemente positivo ed estremamente rassicurante: una sorta di nonno buono pronto ad amare, premiare e gratificare con doni ogni persona che esista sulla terra. In questo ultimo senso, potremmo definirlo una sorta di mago, ma meglio ancora di demiurgo, in grado di ascoltare ed esaudire ogni desiderio che sia formulato con lo spirito ingenuo dell’infanzia. Per la maggior parte degli adulti, Babbo Natale è proprio questo: la proiezione di una figura archetipica, paterna, familiare e comunque amica, nella quale poter confidare almeno un giorno all’anno… almeno la notte di Natale. L’esatto contrario dell’immagine con la quale si presenta spesso il nostro prossimo nel resto dei giorni del calendario: non sempre generoso e protettivo, ma abitualmente egoista, ostile e arrogante. Forse non a caso, la figura di Babbo Natale prende forma e si consolida proprio in questo secolo e, in particolare negli ultimi decenni, caratterizzati da un diffuso improduttivo razionalismo, che sembrerebbe lasciare poco spazio alla nascita di un mito, ma anche dalla solitudine, dalla perdita dei valori tradizionali, dalla trasformazione della famiglia e della società, dal disagio crescente dei grandi agglomerati urbani e dalla complessità del mondo contemporaneo. 

Per gli adulti, quella di Babbo Natale è una bella favola da raccontare ai bambini, ma anche a se stessi. 

Babbo Natale, uno per tutti e ma per tutti diverso

E’ bene tornar bambini qualche volta – scriveva Charles Dickens – e non vi è miglior tempo che il Natale, allorché il suo onnipotente fondatore era egli stesso un bambino… Ed è indubbiamente bello far finta di crederci nel momento in cui la raccontiamo, perché Babbo Natale, anche se non sappiamo esattamente cosa sia, non si presenta, almeno per gli adulti, come una divinità; non chiede un impegno fideistico, né complesse regole morali o di comportamento: esiste solo nella fantasia e non pretende di essere collocato su un piano metafisico, anche se i bambini, lo percepiscono come un essere superiore. La sua forza sta nell’essere frutto di creatività serena e gioiosa che ha costruito la sua immagine nel tempo, plasmandola su vecchi ricordi, su leggende dimenticate, su varie figure e miti che si sono stratificati nei secoli, perdendo gradualmente ogni riferimento religioso. E questo non può essere considerato né un demerito, né un pericolo, perché Babbo Natale è solo un personaggio fantastico, entrato da appena due secoli nelle tradizioni popolari di mezzo mondo: un simbolo delle feste di fine d’anno, che può andare bene a tutti, anche ai non cristiani.

Babbo Natale è come una grossa struttura di cartapesta, edificata su precedenti strutture. E una sorta di cartoon culturale, che ha preso forma soprattutto nella nostra epoca, perché incarna lo spirito infantile e tribale della festa, sganciata dalle celebrazioni della sfera religiosa. Favorito da questa tendenza culturale, dai mezzi di comunicazione di massa e dallo sfruttamento commerciale della sua immagine, Babbo Natale, in pochi decenni, ha fatto il giro del mondo e, più veloce della sua slitta, è arrivato via etere o sulla carta stampata un po’ ovunque, eccezion fatta per quei paesi islamici dove la politica culturale è ispirata a rigide forme di integralismo. Quindi, per taluni, è fin troppo secolarizzato, mentre per altri risulterebbe una figura con ancora troppi evidenti riferimenti alla festa cristiana. Ma questa è un’altra storia.

Il mito di Babbo Natale: niente di più reale nel fantastico mondo fanciullesco

Se per gli adulti Babbo Natale è una fiaba, per i bambini è invece una realtà. E se invece venisse per davvero? Se la preghiera, la letterina, il desiderio espresso così, più che altro per gioco venisse preso sul serio? Se il regno della fiaba e del mistero si avverasse? La psicologia insegna che esiste un mondo magico dell’infanzia: un’età nella quale le capacità percettive del bambino non fanno distinzione tra reale e immaginario. Un’età dove il gioco non si presenta come finzione, ma come possibilità infinita di evocare situazioni, oggetti e personaggi reali. Sappiamo, e forse qualcuno di noi ricorda anche, come nei giochi i bambini non si rendano conto di mimare la realtà dei grandi. Come un disegno o un oggetto, anche insignificante, non abbia semplicemente un valore simbolico, ma costituisca una realtà evocata dal segno o dall’oggetto stesso. Così, la favola di Babbo Natale diventa per i bambini una vicenda reale, che produce forti reazioni emotive, talora anche di trepidazione o paura. Babbo Natale esercita il suo potere magico in una dimensione effimera; ma comunque per un fine benevolo, quale è quello del recare un dono. Il tutto avviene nel contesto di una festa, quella del Natale, che esalta i legami familiari e che, nei riferimenti cristiani, celebra la Natività. Quindi anche una festa della vita nascente, dell’amore e di quanto si rigenera nel ciclo delle stagioni.

Babbo Demiurgo, al servizio della comunità

Se analizziamo quello che la fantasia popolare ha voluto rappresentare in questo personaggio, ci rendiamo conto che non è possibile considerare Babbo Natale un mago nel senso classico del termine, nonostante i suo attributi magici. Il vero mago è colui che, attraverso una ripetizione rituale di gesti, ritiene di poter dare comandi alle forze della natura o modificare il corso degli eventi secondo la propria volontà. Babbo Natale non compie riti magici privati, finalizzati al raggiungimento di uno scopo individuale. La sua magia, se così vogliamo chiamarla, è rivolta a tutti e non intende beneficiare solo alcuni. In tal senso, potremmo dire che il suo operato si avvicina più a quello di un demiurgo, nel significato più antico del termine: letteralmente “lavoratore pubblico, con il compito educativo di premiare i bimbi buoni e quello sociale, quasi inspiegabile, di attribuire a sé la paternità di ogni dono recato. Quest’ultimo è il grande dono che fa all’intera umanità: per quale motivo il vero autore del regalo sente il bisogno di nascondersi dietro quella barba e quel vestito rosso? Per far sì che quel dono resti un atto volontario e libero, liberando i destinatari dei regali dall’obbligo di ricambiare, se non desiderando quell’unica meravigliosa contropartita di essere buoni. Questa, per me che bambino non sono più, è una fantastica realtà, degno finale della più bella favola, che è la vita. Ogni emozione che tocca la nostra anima si realizza diventando parte di noi. 

Buon Natale amici miei, augurandovi di realizzare tutti i vostri sogni, con l’aiuto di Babbo Natale.

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