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MUSICA

Alice Sacchi, l’esordio con il singolo “Il caffè”: un inno ad amarsi e ritrovarsi nelle piccole cose

L’INTERVISTA – La metafora del “caffè” come gesto e cura verso se stessi, un inno ad amarsi nelle piccole cose

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Alice Sacchi, giovanissima cantautrice bolognese laureata in musicoterapia e diplomata in canto jazz, ha da poco debuttato nel mondo della musica con il singolo Il caffè. Una ballata dai ritmi mattutini il cui testo si eleva a lettura metaforica di un preciso momento della giornata: l’attimo del caffè poco dopo la sveglia, gesti, consuetudini, carezze per l’anima ed invito alla cura di se stessi in una continua ricerca delle piccole cose.

Intervistata da Lawebstar.it , Alice Sacchi ci ha raccontato il suo personale mondo in cui il caffè traduce e incarna la necessità di prendersi cura di sé senza avere paura del dolore.

Alice Sacchi: la passione per la musica nata “per gioco”

Quand’è che è nata la tua passione per la musica e il canto?

La passione è nata un po’ a caso, da bambina cantavo sempre. C’è una videocassetta di me mentre vengo ripresa in una di quelle occasioni di famiglia, a casa di nonna, poco dopo essere caduta a terra. Mi sono alzata con nonchalance come se nulla fosse e mia nonna mi ha detto: “Ma tu sei fatta di gomma!!”. Ecco, in quel momento sono salita in piedi sul tavolo e ho annunciato che avrei cantato il mio primo pezzo e ho iniziato a intonarla, “Perché sono fatta di gomma” [la canticchia ancora al telefono ndr.]. Da lì sono sempre stata “quella che cantava”, tutto è iniziato quindi così per gioco, cantavo sempre.

Qual è stato invece il primo strumento che hai preso in mano?

Appena ho imparato a scrivere ho steso i miei primi pezzi, ho ancora alcuni quaderni. A 11 anni mi hanno poi regalato la prima chitarra e quando ho imparato i primi due accordi accordi sono diventati subito una canzone. Da sempre è stato un modo per comunicare sia con me stessa, per raccontarmi ed esprimermi.

La musica: “Il letto di un fiume su cui lasciar scorrere di tutto”

Laureata in musicoterapia, quanto c’è del tuo percorso di studi nella tua musica?

Quando sono entrata in contatto per la prima volta con la musicoterapia avevo 14 anni, ero a scuola: ho seguito una lezione in cui e ne parlava e da lì ho iniziato a fare la volontaria in un gruppo insieme ad altri terapeuti, è nato un amore. La musica l’ho sempre usata per comunicare ma anche come strumento per capirmi e riuscire a stare meglio. Quando sento il bisogno di dovermi ritrovare mi metto a scrivere e mi dà conforto, sicurezza; la musica è quel posto in cui mi sento bene e dove riesco a dire tutto, anche ciò che non riesco ad esprimere a parole. Lavoro tantissimo sul sound writing come tecnica nell’approccio con i ragazzi: scrivo con tante persone che magari non hanno i mezzi o la competenza musicale per farlo e in questo trovo un escamotage per riuscire e far raccontare. La musica è un fantastico letto di un fiume sul quale lasciar scorrere di tutto.

Il caffè, primo singolo di Alice Sacchi e un inno a volersi bene

Il tuo singolo d’esordio si intitola “Il caffè”, che cosa rappresenta per te?

Il caffè della canzone è una grande metafora: si parla di assenza ma anche realizzare di trascurare se stessi, ti stai dimenticando il caffè ma è ciò di cui hai bisogno. Nella vita non sono una bevitrice accanita di caffè, ne bevo due al giorno e quei due sono importanti. Quello che voglio comunicare è l’importanza di essere presenti a se stessi, l’importanza di coccolarsi e prendere atto dei propri bisogni. Ho scritto questa canzone in un momento molto difficile e nonostante sia ironica volevo rappresentasse quanto può essere faticoso trascinarsi fuori dal letto. L’ironia mi ha aiutato molto perché questo brano è una riflessioni sul dolore, sulla depressione, ma averlo affrontato così mi ha permesso di dire tutto ciò che sentivo e che sarebbe stato difficile spiegare in un altro modo.

Cosa significa per te volersi bene?

Ci sono tanti modi di volersi bene e cambiano di giorno in giorno. Il focus della canzone è non dimenticare di ritrovarsi, di prendersi in considerazione tenendo fede ai propri bisogni seguendoli. Ognuno di noi deve fare i conti con il proprio dolore, accettare di stare male e capire che si ha bisogno di aiuto, bisogno di fare passeggiate, sentire amici. Personalmente è un cammino che sto percorrendo e non mi sento di dire “so perfettamente cosa mi fa stare bene”; so che la musica mi fa stare bene e anche scrivere lo fa così come la musicoterapia. È abbastanza? No, non lo è mai: è una ricerca costante e non bisogna stancarsi mai di farlo partendo dalle piccole cose, magari proprio da una dispensa dove non deve mancare il caffè. Siamo abituati a questa narrazione secondo cui dobbiamo sempre sentirci tutti al top, tutti contenti e felici quando è giusto anche stare male, parlare di dolore. La sofferenza fa bene, è giusta, grazie a quella impariamo a prenderci cura di noi e a conoscerci meglio.

Che aspettative hai ora che Il caffè è uscito?

La mia speranza principale è veder uscire le canzoni da questa stanza in cui sono rinchiuse da troppo tempo; poi mi auguro che la mia musica possa raggiungere altre persone, incontrarle e farla così sopravvivere. Spero davvero che queste canzoni diventino una scusa per incontrarsi e ritrovarsi, e poi mi auguro che da questo Ep esca un album: scrivo canzoni come se piovesse e vorrei che questo fosse solo il primo passo.

Alice Sacchi: “Ho tantissima voglia di mettermi in gioco

Cosa ne pensi dell’attuale panorama musicale?

Seguo tutto con grandissimo interesse, sono una persona estremamente curiosa e ascolto di tutto e di più. Non voglio dare un giudizio, lo guardo e lo accolgo imparando cose nuove. Sulle dinamiche di questo mondo so poco, ma ho tantissima voglia di mettermi in gioco.

Se potessi scegliere di condividere il palco con un grande artista, chi sceglieresti?       

Ora sono innamorato di Ettore Giuradei, e dico lui; ho visto un suo live a Bologna ed è stato un colpo di fulmine. Mi sono innamorata delle sue parole.

Hai una canzone preferita che canti sotto la doccia?        

In una giornata simile a quella che descrivo in Il caffè canto Shampoo di Giorgio Gaber, una canzone che devo ascoltare ogni mattina: è bella perché racconta la noia e l’insoddisfazione che nella visione di Gaber erano qualcosa di più profondo. Questa canzone la canto sempre in doccia… mi viene naturale quando mi lavo i capelli!

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