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Alessandro Borghi parla della Sindrome di Tourette: i sintomi di cui soffre l’attore
L’attore, tra i più rinomati e richiesti in Italia e all’estero, si racconta tra passato e presente prima e dopo il suo straordinario successo
Alessandro Borghi: l’educazione “stradale” e la vita prima del cinema
Alessandro Borghi, una stella del cinema italiano entrato di merito in quello che è il panorama internazionale per il suo talento e per i suoi caratteristici personaggi, si racconta senza giri di parole aprendo e chiudendo parentesi che variano dalla sua vita sul set al suo primo tentativo di “sfondare” nel mondo del cinema. Un esordio arrivato, a pieno titolo, dopo ben 10 anni di “ombra” dal primo ciak e sulla scorta di un’educazione stradale che ha movimentato la sua adolescenza.
Alessandro Borghi e le “pizze” adolescenziali: “Educazione d’impatto”
Alessandro Borghi, un solo nome che chiunque può declinare a proprio piacimento e interesse in Aureliano Adami di Suburra – La serie; Massimo Ruggero di Diavoli; Marcello di Romanzo Criminale – La serie; e ancora in Stefano Cucchi di Sulla mia pelle o Andrea Galderisi/Luca di Napoli Velata. Sfaccettature, sfumature, le stesse che caratterizzano un passato e una vita sui generis di un attore che prima di diventare una star del grande schermo è passato dietro ai banconi dei bar e le scuole di pugilato, tra i luoghi dove più ha preso consapevolezza di sé. In una lunga intervista a Il Corriere della Sera così si racconta Alessandro Borghi, a partire da quella che definisce essere stata un’educazione stradale: “Sapersi adattare a tutti i tipi di esseri umani e situazioni. [..] Io di pizze ne ho prese: a ognuna, imparavo qualcosa. Educazione d’impatto“. [..] Dove sono cresciuto io, era la normalità: arrivavi e dovevi crearti il tuo spazio. Se cercavi di essere amico di chi prendeva 10, i ripetenti ti gonfiavano di botte e, se eri amico dei ripetenti, quelli col 10 non ti parlavano più“.
Alessandro Borghi e il primo ciak a 18 anni, il successo a 28
Ad oggi c’è ironia nel parlarne, frutto di consapevolezza a maturazione nonché elaborazione di quella che è stata la propria formazione: “Fino a 16 anni, ho solo preso botte. Tuttora, se vedo uno che tratta male un altro, provo qualcosa di brutto“, confessa Alessandro Borghi ammettendo d’esser stato lui stesso, ad alternanza, vittima e non vittima. “Ero diventato manesco“, aggiunge facendo poi appello al pugilato, sport che lo ha reso consapevole di come avrebbe potuto difendersi dal mondo sebbene, crescendo, alla rabbia sfogata nel ring sia subentrata la potenza di un libro. E proprio un libro, Il potere di adesso, sarebbe stato il suo la verso l’uomo che voleva essere: “Uscivo da una delusione d’amore ed era un momento di estrema povertà, non avevo una lira, facevo solo lavoretti [..] Ci ho messo molto per riuscire a fare cinema come piaceva a me. Al primo ciak avevo 18 anni e Sollima mi scelse per Suburra a 28. Dopo 10 anni nell’ombra cercavo rivalsa“.
Alessandro Borghi e la diagnosi della Sindrome di Tourette: “Ho spasmi o soffio sulle dita”
E in questo lungo percorso di formazione lo stesso Borghi ha avuto modo di confrontarsi con sé stesso più volte, diviso tra ciò era e ciò non accettava di essere, pregi e difetti tra atti di presuntuosità e momenti di forte sconforto e demoralizzazione. “Per tutta la vita mi hanno detto: hai occhi bellissimi. E io ero convinto di avere gli occhi più belli del pianeta. Poi crescendo ti dici ‘che deficiente ero’ – commenta Borghi, entrando poi nel merito di un risvolto molto intimo – Di brutto avevo che prendevo in giro gli altri in un modo mutuato dall’ambiente popolare da cui venivo. Le parole hanno un peso. L’insulto fa male. È successo pure a me“. Non è infatti la prima volta che Borghi racconta come ha vissuto e vive la convivenza con la sindrome di Tourette: “A lungo ho pensato di avere dei tic, invece era Sindrome di Tourette. Sente che ogni tanto ho un respiro strano? Sono spasmi. È una sindrome neurologica, con vari sintomi. Io ho gli spasmi o soffio sulle dita. Dopo la diagnosi ho smesso di considerarlo un problema, perché almeno adesso so che cosa ho“.