MUSICA
Alan Sorrenti e i suoi Figli delle Stelle: i primi sintomi italiani della febbre del sabato sera, sulla rotta Napoli-Los Angeles
Sapete come è nata la canzone?
Storia di un brano destinato a raccontare un intero cambiamento d’epoca
E’ il Natale del 1977: mentre nei cinema statunitensi viene proiettato in prima visione assoluta un film intitolato La febbre del sabato sera, la malinconica storia di Tony Manero (John Travolta), un ragazzo italo-americano che trova nelle serate danzanti in discoteca una valvola di sfogo e un tentativo di via d’uscita dal tran-tran quotidiano, in Italia si chiude in bellezza una ricchissima annata discografica per la canzone d’autore, “impegnata” e non, con un album a 33 giri (e relativi corrispettivi in audiocassetta e in cartuccia Stereo 8) intitolato Figli delle stelle e inciso da Alan Sorrenti, il cantautore napoletano di origini materne britanniche che, dopo un iniziale periodo di composizione legata al mondo del pop progressivo (e una fortunata parentesi con la rivisitazione in chiave moderna di un “classico” napoletano di fama universale, Dicitencello vuje), volta decisamente pagina.
Figli delle stelle: sonorità d’Oltreoceano per un prodotto schiettamente italiano
Dopo avervi registrato l’anno prima un album di buon successo, Sienteme, it’s time to land, nel ’77 Alan Sorrenti ritorna in California per realizzarvi il nuovo lavoro discografico, che prevede sette sue composizioni nuove, più un’altra storica canzone partenopea ri-arrangiata e attualizzata, Passione. Sostengono l’artista anglo-campano in questo progetto il produttore Corrado Bacchelli e il musicista Phil Ramone, allievo del grande Burt Bacharach, i quali gli offrono un parco di strumentisti accompagnatori capeggiato da un brillante chitarrista, Jay Graydon, che è anche un ottimo arrangiatore al suo secondo contatto con l’Italia (pochi sanno che è lui a dirigere l’orchestra nella versione della storica sigla musicale, composta a suo tempo da Egidio Storaci, del Telegiornale RAI, che apre e chiude il TG1 dal marzo 1976 al marzo 1992). Sorrenti parte per gli Stati Uniti assieme al nastro contenente le ritmiche degli otto motivi, incise a Roma dal bassista piemontese di origine pugliese Dino Kappa e dal batterista Walter Martino, il figlio del grande Bruno di E la chiamano estate e di tante altre canzoni confidenziali di successo.
Alan punta molto su Figli delle stelle, una canzone d’amore moderna e soprattutto ballabile: Graydon prepara un’orchestrazione con i fiocchi, con una delicata e lenta, diremmo davvero “notturna”, introduzione affidata al pianoforte con il successivo intervento a mo’ di controcanto delle tastiere elettroniche (a suonare il tutto è il valente compositore canadese David Foster). Poi entra la chitarra elettrica di Graydon con quell’inconfondibile riff che contribuirà senz’altro al successo del brano e finalmente è la volta della voce di Sorrenti. Da ricordare che nell’album viene riproposta, con il titolo Notte di stelle, la meravigliosa, bellissima “ouverture” di 40 secondi eseguita da Foster.
Figli delle stelle: un casuale incontro d’amore nello spazio di una notte
Anche se (almeno in Italia) non sono certo anni facili, la gioventù scopre il piacere di una vita notturna di serenità e di avventure, soprattutto (e naturalmente) sentimentali. E appunto di una situazione casuale che, sotto le stelle di una notte serena, un ragazzo e una ragazza vivono insieme, quasi come “eroi di un sogno”, parla il testo del brano di Alan Sorrenti: poche ore d’amore, il tempo di un fuoco che viene alimentato e poi si affievolisce gradualmente, ma di un amore intenso e puro, tale da risultare indimenticabile, indelebile nella mente dei protagonisti, “figli delle stelle”.
A questo proposito, in un’intervista del 2017 per festeggiare il quarantennale del lancio del brano, il cantautore napoletano puntualizzerà il fatto che il titolo alluda proprio a quella che allora era un’ipotesi, poi confermata nei decenni seguenti: l’origine siderale degli uomini.
Figli delle stelle: 44 anni di una canzone intramontabile
L’impatto degli ascoltatori italiani con Figli delle stelle fu di quelli forti: discoteche e stazioni radiofoniche private si adoperarono per tutto l’inverno e l’inizio della primavera del 1978 a diffondere la canzone, che piacque veramente tanto. L’album vendette molto bene e il 45 giri contese il primato in classifica a Gianna di Rino Gaetano e a Pensiero stupendo di Patty Pravo. Poi, però, arrivò anche in Italia La febbre del sabato sera, con le mitiche canzoni dei Bee Gees, e quindi Figli delle stelle cominciò ad essere diffusa un po’ meno.
Peraltro Sorrenti concesse ai responsabili della pubblicità televisiva di una nota industria petrolifera italiana di utilizzare il motivo musicale di Figli delle stelle quale sottofondo del relativo spot. Venne girato anche un film intitolato Figlio delle stelle, sempre con lo stesso Alan protagonista, ma fu un fiasco. Il brano seppe comunque resistere al trascorrere degli anni, dei decenni: nel 1988, sempre in Italia, ne venne realizzata una versione “techno” cantata da una certa Renata Giorgi, con testo in inglese ma con la frase Figli delle stelle mantenuta in italiano; nel 1997 fu ripresa da Claudio Baglioni in occasione della trasmissione televisiva Anima mia, condotta dallo stesso artista capitolino assieme a Fabio Fazio… e via dicendo. Infine, come dimenticare, già nel 1981, la citazione del titolo da parte di Franco Battiato in Bandiera bianca (“Siamo figli delle stelle, pronipoti di Sua Maestà il Denaro”)?
Oggi Alan Sorrenti ha 71 anni, è ancora attivo come musicista ed è sempre più consapevole di quanto e come Figli delle stelle lo abbia arricchito, non solo materialmente grazie ai diritti d’autore, ma anche e soprattutto sotto il profilo della popolarità e del rapporto con il pubblico.